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rientro dalle ferie

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Messaggio  Andrea77 Dom Ago 23 2009, 23:01

Ciao a tutti!
Purtroppo da domani ricomincio il lavoro...
Orami ho consolidato la mia tradizione andando prima a Croagh Patrick in Irlanda dove mi sono preso un freddo e un vento cane (nulla in confronto a quello che mi sono beccato poi sulla cima del Bianco).
Come al solito la salita è andata tranquilla, la discesa una lentezza doppia della salita...
In più il vento rendeva l'equilibrio molto più difficile ed essendo sprovvisto di bastone i piedi sono molto sollecitati nel frenare soprattutto su sassi grandi come noci che rotolano ruvidamente sotto i piedi misto al fango creato dall'immancabile pioggia a minuti alterni...
Alla fine i piedi erano indolenziti ed irritati ma senza particolari danni e dopo qualche giorno di riposo erano più forti di prima e sono partito per la seconda ripetizione a Medjugorje al festival dei giovani.
Anche qui problemi in discesa ma con qualche miglioramento essendo il percorso relativamente più agevole e decisamente più breve rispetto all'irlanda e con clima + clemente.
L'ultimo giorno c'è stata la processione notturna sul krizevac percorsa ovviamente scalza in una folla oceanica con altri scalzi.
Mentre salivo sono rimasto sorpreso da una ragazza che scendeva scalza veloce e senza neppure una luce...
Onestamente non so che dire. Vedi bambini che vanno scalzi come nulle fosse e adulti che soffrono ad ogni passo. Da un lato posso pensare che qualcuno sia aiutato dalla fede ma x me molti vanno abitualmente scalzi anche in altre occasioni perchè altrimenti non si spiegherebbe tanta agevolezza nel camminare scalzi su un terreno abbastanza ripido e accidentato.

Finito questo doppio giro passato l'indolenzimento i piedi si sono irrobustiti. Sono partito x i miei giri in montagna rigorosamente calzato. Risultato mi sono spelato, fortunatamente senza dolori, tutta la parte dell'avampiede che avevo appena rinforzato così ora sono con pelle nuova da rinforzare Crying or Very sad

Ciao
Andrea
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Messaggio  Marc_63 Mar Ago 25 2009, 03:47

Ciao Andrea, ben tornato " a casa". Very Happy
Hai riportato un aspetto della tua esperienza a Medjugorje che non avevo mai considerato : il fatto che diversi momenti spirituali vengano vissuti da molti a piedi nudi.
Qui ci sarebbe da aprire un capitolo interessantissimo sul rapporto Piedi nudi - spiritualità.
Tra l'altro le religioni occidentali, tra cui la nostra cattolica, trascurano completamente l'aspetto corporeo della persona nel rapporto col Divino.
Un recente studio sulla liturgia cattolica propone, ma lo fa timidamente, due modelli di corporeità nella partecipazione all'azione liturgica (ma potremmo dire anche paraliturgica). Essi sono (riassumo per dovere di brevità) : il "Corpo Servile" e il "Corpo Vissuto".
Nel primo modello si prevede che il corpo stia in totale atteggiamento di servilismo (si annulli) per "lasciare spazio all'azione dello spirito che si eleva a Dio con la leggerezza necessaria all'incontro con il Padre". Nel secondo modello, invece, il corpo, quindi ogni sua parte, partecipa all'azione liturgica (o paraliturgica) in supporto allo spirito, potremmo dire "con gioco di squadra".
Tra i liturgisti, ma non solo nel mondo accademico, è da anni in corso una serrata diatriba su queste due "tendenze".
I modelli che ti ho citato, infatti, si rivolgono a loro volta a due diverse tipologie di liturgia ( o di paraliturgia) : il primo si identifica nella cosiddetta "Liturgia Celeste" (che ha come elementi fondamentali la solennità, il rapporto diretto, verticistico ed esclusico Fedele - Dio, predilige forme architettoniche come quelle Gotiche o comunque luoghi di culto come le grandi cattedrali, preferisce le Messe in Latino ecc. ( Come tendenza naturalmente).
Il secondo, invece, fa riferimento alla cosiddetta "Liturgia di Relazione" ovvero alla rinuncia ad un rapporto diretto Fedele - Dio per meglio cogliere questo rapporto in una dimensione orizzontale, comunitaria e conviviale (Il termine greco è "Agapao").
La stessa Eucarestia è dono alla comunità.
A Medjugorje, più che in altri luoghi di pellegrinaggio, la dimensione comunitaria è vissuta in maniera molto marcata, a prescindere dalla massiccia presenza di giovani...... ( "Cari Figli..." così iniziano tutti i messaggi di Maria, per chi ci crede, è ovvio, e non "Caro Figlio.." ).
Ora, in una dimensione spirituale, liturgica e paraliturgica come questa, non può essere vissuto un modello di "Corpo servile", perchè ciò impedirebbe di cogliere la dimensione umana e materiale che circonda il pellegrino (le persone e l'ambiente).
Dunque non resta che adottare il modello del "Corpo vissuto", partecipando con pienezza e vivendo quanto ci accade intorno, senza rinunciare alla bencchè minima sensazione tattile e corporea in genere (udire i profumi, avvertire i suoni, sentire freddo o caldo, palpare il liscio e il ruvido, cogliere le espressioni di chi ci sta intorno, riscoprire il nostro rapporto diretto con la natura - dono di Dio).
Tutto questo non rimane mera sensazione, ma funge da supporto essenziale alla nostra esperienza spirituale diventando "preghiera".
Il ruvido dei massi, il liscio di un lastricato o la polvere di certi terreni, percepita sotto i piedi nudi, ci aiuta a coinvolgere noi stessi in questa realtà, ce la fa vivere in pieno, in maniera consapevole e profonda aiutandoci ad immergersi, allo stesso tempo, nel profondo mistero che circonda chi vive questa esperienza (o esperienze analoghe).
Per il credente, Dio ha creato la Natura, ma quale rapporto abbiamo noi uomini (credenti o non) con essa ? Si, possiamo gustare il sapore dei cibi, sentire il profumo dei fiori, ascoltare i suoni che da essa provvengono, ma quale rapporto abbiamo con la "Terra" (che rappresenta gran parte del creato), se ci isoliamo da essa frapponendo tra noi e lei due suole di scarpe ?
Il fatto che San Francesco andasse scalzo per amore di povertà è solo un'affermazione riduttiva del vero significato del suo modo di essere (salvo poi intenderci su cosa significhi la vera povertà). San Francesco desiderava questo rapporto diretto con la terra, perchè solo così poteva sentirsi parte di essa e quindi realmente parte del creato.
Se vogliamo dirla tutta, chi cammina scalzo accumula una serie di esperienze, una ricchezza di sensazioni, una quantità di emozioni che i calzati non conoscono e che neppure immaginano. Secondo la maggior parte delle persone infatti sfoggiare un paio di scarpe di marca, comode, alla moda rappresenta una forma di "ricchezza", spesso uno status simbol, senza capire quanta ricchezza si coglie nel camminare scalzi, soprattutto quando questo non viene vissuto solo come un piacere puramente fisico e meteriale ma come strumento importantissimo di conoscenza di noi stessi e del nostro rapporto con ciò che ci circonda per poi meglio penetrare il mistero della vita.
I pellegrini scalzi di Medjugorje questo lo hanno capito, o comunque lo vivono anche in maniera inconscia, purtroppo però la realtà, anche quella cattolica, è, quasi dovunque, diemetralmente opposta.
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Messaggio  lucignolo Mar Ago 25 2009, 21:07

Marc_63 ha scritto:Se vogliamo dirla tutta, chi cammina scalzo accumula una serie di esperienze, una ricchezza di sensazioni, una quantità di emozioni che i calzati non conoscono e che neppure immaginano. Secondo la maggior parte delle persone infatti sfoggiare un paio di scarpe di marca, comode, alla moda rappresenta una forma di "ricchezza", spesso uno status simbol, senza capire quanta ricchezza si coglie nel camminare scalzi, soprattutto quando questo non viene vissuto solo come un piacere puramente fisico e meteriale ma come strumento importantissimo di conoscenza di noi stessi e del nostro rapporto con ciò che ci circonda per poi meglio penetrare il mistero della vita.
Bellissimo il tuo post, come sempre, non dovrei nemmeno stupirmi.
Purtroppo quando ti rapporti con la gente sfuma tutto e ti devi accontentare di due o tre parole di rito: "Lo faccio perché mi piace".
In questi giorni sono tormentato da una torma di ragazzini; fioccano le domande, sempre le stesse.
Inizialmente ti fa piacere, poi li manderesti a quel paese; spieghi, vorresti andare oltre, ma come puoi filosofare con chi, forse, in fondo ti prende per il c..o o viene fortemente condizionato dai genitori?
E che dire di quando ti avvicini ad un bambino e senti la mamma che dice: "Vieni dentro"?
Ma via, mica ce l'hanno con me.
Passi ed il bambino ritorna al gioco sul marciapiede.
Qualche sospetto ti viene, no?
Marc_63 ha scritto:I pellegrini scalzi di Medjugorje questo lo hanno capito, o comunque lo vivono anche in maniera inconscia, purtroppo però la realtà, anche quella cattolica, è, quasi dovunque, diemetralmente opposta.
Molto, molto inconscia, perché l'andare scalzo per il cattolico (scusami se lo scrivi in minuscolo, ma non ce la faccio a fare altrimenti) è un atto punitivo ben lungi dall'altissima concezione del grande, grandissimo San Francesco.
A conferma della sua unicità.
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Messaggio  Andrea77 Mar Ago 25 2009, 22:52

Il pellegrino scalzo è visto sicuramente come un penitente ma spesso anche come pazzo-santo xchè si sottopone ad una cosa che viene vista come una sorta di auto-tortura e di penitenza.
Questo atto di coraggio viene visto ovviamente positivamente come segno di gran fede cosa che non accadrebbe altrove dove verresti preso semplicemente x matto.
Ho tentato di esaminare i vari scalzi e mi sono reso conto che la cosa è più complicata.
Oltre alle preghiere e alle salite sui monti ho assistito ad un concerto. Complice la gioventù erano tutti scatenati in balli e cori e noti che molti (soprattutto stranieri) si levavano gioiosamente le infradito e ballavano sul prato.
Qualcuno girava per il paese a piedi nudi x comodità-piacere e non per penitenza.
Tornando alle ascenzioni scalze ho notato gente che procedeva sofferente e proseguiva grazie alla fede. Ho visto 2 bambine italiane salire x un pezzo senza scarpe ma con le calze. A quell'età si muovono x imitazione degli adulti ma non x fede quindi non essendo abituate ad andare scalze dopo poco ne hanno avuto abbastanza e hanno chiesto e ottenuto di ricalzarsi. Al contrario ho visto altri bambini stranieri muovrsi molto agevolmente a piedi nudi fra le pietre. Si vedeva che x loro era naturale e ne si deduce che vanno scalzi anche altrove. Lo stesso vale x gli adulti, alcuni li vedevi sofferenti altri che si muovevano agilmente. Ora ci può stare che la fede fa grandi cose e che anche la percezione del dolore varia da persona a persona ma la differenza è troppo marcata x non farmi pensare che alcune persone fossero abituate a stare scalze.
Qualcuno magari si muoveva incurante del dolore accettandolo come penitenza. Altri magari hanno capito che andando piano e con passo tremante rischi di farti più male che non muovendoti con decisione anche se un passo deciso ma errato rischia di farti davvero male. Francamente nn so come facessero quelli che ho visto scendere a passo veloce e sicuro anche al buio senza vedere dove mettevano i piedi con il sole se vai veloce non fai in tempo a vedere dove metti i piedi e al buio non parliamone tantè che a scendere al buio sonoi andato così piano che alla V stazione mi sono stufato e mi sono ricalzato.
Mi sono però reso conto che se accelleravo x sare dietro a qualcuno che scendeva scalzo velocemente fino ad un certo punto riuscivo a migliorare (spesso gioca anche la psicologia 'se lo fa lui devo riuscirci pure io') se però mi distanziavano e mi rendevo conto che non riuscivo a stargli dietro perchè troppo veloci (procedevo stando concentrato cercando di mettere i piedi dove li mettevano loro ma è un esercizio di concentrazione che dopo un po' non riesco più a sostenere) quando perdevo terreno automaticamente rallentavo non avendo + stimolo ed esempio.


Ciao
Andrea
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Messaggio  Marc_63 Mer Ago 26 2009, 03:29

Molto, molto inconscia, perché l'andare scalzo per il cattolico (scusami se lo scrivi in minuscolo, ma non ce la faccio a fare altrimenti) è un atto punitivo ben lungi dall'altissima concezione del grande, grandissimo San Francesco.
A conferma della sua unicità.

Mahh ! Certamente la ricerca del dolore è ancora un elemento presente in buona parte del mondo cattolico. Alcuni gruppi (fanatici) durante le riunioni pregano il Signore che mandi loro una croce, cioè una sorta di sofferenza purificatrice che li avvicini ulteriormente a Dio.
Questo atteggiamento nasce, per la verità, da una errata (se fossi maligno direi "volontariamente errata") interpretazione di un passo del Vangelo dove Cristo dice che chi vuole andare appresso a lui deve rinnagare se stesso, prendere la sua croce e seguirlo.
Anche quando si parla di "mortificazione della carne" non si vuole assolutamente dire che l'uomo deve procurarsi dolore e sofferenza e che questo rappresenta un elemento essenziale per avvicinarsi a Dio. Infatti questo sarebbe in contraddizione con quanto dice il Cristo :"Sono venuto perchè abbiate la vita e l'abbiate il meglio possibile (in abbondanza) ". Infliggersi della sofferenza è un peccato al pari dell'infliggere sofferenza agli altri; poi la sofferenza deve avere un senso, uno scopo, altrimenti diventa l'espressione di una forma di fanatismo che non può essere considerato cristiano.
Una spiritualità che ricerca la sofferenza per aprirsi all'assoluto, è a mio avviso, una spiritualità primitiva, malata, incapace di trovare le ragioni della fede, una spiritualità che ha necessità di ricorrere a forme esteriori ormai obsolete, basate su errori e luoghi comuni, è una spiritualità che si basa sull'ignoranza, che è il peccato più grave.
Vedete, "credere", alla fine, non costa niente, ciò che costa è sapere, è ricercare la verità, è vivere ciò in cui si crede (essere coerenti), questo costa fatica, tanta fatica e spesso tanta sofferenza (altro che andare scalzi). Ma è una sofferenza che ha un senso, e un senso profondo.
Se Andrea avesse ragione, quei cristiani dovrebbero prima di tutto domandarsi :"Cosa se ne fa Dio della mia sofferenza (per giunta indotta) ?" Ma come è possibile ? Il Dio della vita viene parificato ad un mostro assetato del nostro sangue e del nostro dolore ????? Un mostro che gode nel vederci soffrire mentre pietre appuntite ci traffigono le piante dei piedi nudi ????? Ma non si rendono conto che con questa mentalità rasentano l'eresia ?? Un Dio che è "Totalmente tutto", che è "pienezza" non ha bisogno di niente; meno che mai della nostra sofferenza; un Dio che è infinitamente buono, secondo loro godrebbe della sofferenza dei suoi "figli" ? E' questi il Dio che vogliono testimoniare ?
Qui evito di introdurmi in un discorso teologico nel quale sarebbe facile perdersi e allontanarsi dal tema di fondo.
Io credo, molto più semplicemente, che così come è capitato a tanti di noi, l'andare scalzi sia, già da solo, un modo di essere che fa acquisire coraggio, che abbatte quelle barriere inibitorie, che ci aiuta a credere maggiormente in noi stessi e nelle nostre potenzialità, che ci aiuta a superare ostacoli che possono sembrare insormontabili, che ci aiuta a scoprire cose di noi che non avremmo mai pensato ne' ritenute possibili.
Scoprire il senso e il valore della libertà, quella libertà che si prova camminando scalzi, una libertà che forse quei pellegrini non avevano mai provato prima (per paura o per un errata necessità di rispettare le convenzioni), li mette nella disposizione d'animo di aprirsi maggiormente, in un certo qual modo, alla sfera spirituale, alla ricerca cioè di quell' assoluto che per molti credi religiosi sta dentro di noi, per altri al di fuori, ma che comunque aiuta a vivere meglio e a rispettare maggiormente la vita.
Quando sul Monte Sinai, Dio, impone a Mosè di togliersi i calzari ( e l'autore sacro ci dice "perchè il suolo che calpesti è sacro"), in realtà è perchè solo a piedi nudi, cioè liberandoci da quelle strutture posticce che l'uomo, sin dall'antichità, si è creato, si può finalmente scoprire il vero senso della vita; è un po' come ritrovare se stessi, la propria dimensione umana e fisica, il nostro rapporto diretto, schietto, col creato, e, per il credente, col Creatore.
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