Strumenti per scrivere per la rubrica di pubblicazioni NS
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Strumenti per scrivere per la rubrica di pubblicazioni NS
Per chi si accinge o è stato solleticato dall'idea di mettersi a scrivere un pezzo per il progetto della rubrica di pubblicazioni NS, ho cercato un paio di "strumenti" indicativi, da consultare prima e durante il vostro lavoro di scrittura. Usando questi strumenti e le loro regole d'uso, avrete un ottima base di orientamento per lavorare al vostro pezzo in modo efficiente e senza perdervi per strada.
Se avete anche voi strumenti utili da suggerire aggiungeteli qui sotto.
Se avete anche voi strumenti utili da suggerire aggiungeteli qui sotto.
Come scrivere un saggio breve
Un saggio breve per essere convincente deve essere organizzato e facile da leggere. L’idea principale deve essere chiara e supportata da argomenti ben sviluppati. Non devono esserci ostacoli alla lettura.
Alcuni consigli pratici possono dare una mano a organizzare e scrivere i vostri saggi brevi. Potete usarli anche per scrivere relazioni o tesine che presentano i risultati della vostra ricerca.
Datevi un obiettivo
Avete già un argomento, un libro, un autore, un’idea o altro. Chiedetevi se volete persuadere e convincere o informare ed esporre.
Raccogliete il materiale, leggete, prendete note, fatevi venire idee
Cercate libri e articoli sull’argomento, usate anche internet. La lettura del materiale deve essere interattiva.
Usate un taccuino o un file di word per scrivere appunti e per fare la bibliografia. Ma anche per annotare le riposte alle domande: Qual è l’idea principale? Perché è importante? È stata già trattata? E come? Quali sono i fatti e gli argomenti che supportano l’idea?
Organizzate le idee. Fate uno schema
Scrivete l’idea principale del vostro saggio breve all’inizio di una pagina o di un documento word.
Sotto scrivete le lettere A, B, C, D … Vicino a ogni lettera scrivete un punto che sviluppa l’idea principale. Se il vostro obiettivo è persuadere, scrivete i vostri migliori argomenti. Se dovete informare, scrivete le categorie in cui dividere le informazioni.
Sotto ogni lettera scrivete i numeri 1, 2, 3, 4, … Accanto a ognuno scrivete i fatti, le informazioni, i dettagli, gli esempi che supportano quel punto.
(Il comando ‘visualizzazione struttura’ del vostro programma di scrittura può essere molto utile per creare uno schema).
Scrivete il paragrafo introduttivo
Scrivete una o due frasi per attirare l’attenzione del lettore sul tema. Potete usare una citazione, un aneddoto, un breve sommario, un’informazione importante.
Aggiungete due o più frasi di elaborazione. Chiudete il paragrafo con l’idea principale. Scrivetela in modo conciso e diretto.
Scrivete il corpo del testo
L’idea principale va ora spiegata e argomentata. I paragrafi centrali del saggio servono a questo.
I punti principali che avete scritto nel vostro schema (A, B, C, D …) diventeranno paragrafi. Come crearli? Scrivete il punto principale in una frase. Poi quattro o cinque frasi che spiegano e supportano quel punto. Fatti, descrizioni, citazioni, informazioni, discussioni. Potete finire il paragrafo con una frase che riassuma il punto.
Scrivete il paragrafo conclusivo
Nella conclusione dovete riassumere i punti e riaffermare l’idea principale del saggio. Usate però parole differenti.
Potete aggiungere qui una vostra opinione. Oppure indicare nuove questioni che la ricerca può aver suggerito.
Rivedete il vostro saggio breve
È ben strutturato? L’idea principale è diretta? Ogni paragrafo tratta un punto? I paragrafi sono collegati tra loro e con l’idea? La fine ribadisce l’idea principale?
Fonte: socialpost.info/come-scrivere-un-saggio-breve-1237.html
Alcuni consigli pratici possono dare una mano a organizzare e scrivere i vostri saggi brevi. Potete usarli anche per scrivere relazioni o tesine che presentano i risultati della vostra ricerca.
Datevi un obiettivo
Avete già un argomento, un libro, un autore, un’idea o altro. Chiedetevi se volete persuadere e convincere o informare ed esporre.
Raccogliete il materiale, leggete, prendete note, fatevi venire idee
Cercate libri e articoli sull’argomento, usate anche internet. La lettura del materiale deve essere interattiva.
Usate un taccuino o un file di word per scrivere appunti e per fare la bibliografia. Ma anche per annotare le riposte alle domande: Qual è l’idea principale? Perché è importante? È stata già trattata? E come? Quali sono i fatti e gli argomenti che supportano l’idea?
Organizzate le idee. Fate uno schema
Scrivete l’idea principale del vostro saggio breve all’inizio di una pagina o di un documento word.
Sotto scrivete le lettere A, B, C, D … Vicino a ogni lettera scrivete un punto che sviluppa l’idea principale. Se il vostro obiettivo è persuadere, scrivete i vostri migliori argomenti. Se dovete informare, scrivete le categorie in cui dividere le informazioni.
Sotto ogni lettera scrivete i numeri 1, 2, 3, 4, … Accanto a ognuno scrivete i fatti, le informazioni, i dettagli, gli esempi che supportano quel punto.
(Il comando ‘visualizzazione struttura’ del vostro programma di scrittura può essere molto utile per creare uno schema).
Scrivete il paragrafo introduttivo
Scrivete una o due frasi per attirare l’attenzione del lettore sul tema. Potete usare una citazione, un aneddoto, un breve sommario, un’informazione importante.
Aggiungete due o più frasi di elaborazione. Chiudete il paragrafo con l’idea principale. Scrivetela in modo conciso e diretto.
Scrivete il corpo del testo
L’idea principale va ora spiegata e argomentata. I paragrafi centrali del saggio servono a questo.
I punti principali che avete scritto nel vostro schema (A, B, C, D …) diventeranno paragrafi. Come crearli? Scrivete il punto principale in una frase. Poi quattro o cinque frasi che spiegano e supportano quel punto. Fatti, descrizioni, citazioni, informazioni, discussioni. Potete finire il paragrafo con una frase che riassuma il punto.
Scrivete il paragrafo conclusivo
Nella conclusione dovete riassumere i punti e riaffermare l’idea principale del saggio. Usate però parole differenti.
Potete aggiungere qui una vostra opinione. Oppure indicare nuove questioni che la ricerca può aver suggerito.
Rivedete il vostro saggio breve
È ben strutturato? L’idea principale è diretta? Ogni paragrafo tratta un punto? I paragrafi sono collegati tra loro e con l’idea? La fine ribadisce l’idea principale?
Fonte: socialpost.info/come-scrivere-un-saggio-breve-1237.html
Regole per un articolo scientifico
1. Prima di sedervi a scrivere
1.1. Aggiornate la ricerca della letteratura pertinente
1.2. I sei passi da fare prima di cominciare a scrivere (Chi, Che cosa, Quando, Dove, Perché e Come, nello scrivere un lavoro)
I. Stendi una scaletta articolata: che cosa vuoi dire nel lavoro?
II. Che cosa dice di nuovo il lavoro? (altrimenti il tuo tempo sarà meglio speso in qualcos’altro)
III. Il lavoro è originale? Avete pubblicato qualcosa di simile nel passato? I risultati aggiungono qualcosa di nuovo alla letteratura?
IV. Che tipo di lavoro è? (una ricerca originale, una review, un case report, una lettera, un editoriale)
V. Per chi state scrivendo il lavoro? E chi sarà interessato ad esso?
VI. Quale rivista raggiunge il vostro pubblico ideale? Quale tipo di rivista pubblica il tipo di articolo che voi volete scrivere?
VII. Avete accesso a un computer, per creare più copie delle diverse bozze che scriverete?
VIII. Chi leggerà criticamente l’articolo e vi darà suggerimenti, prima di inviare l’articolo alla rivista?
1.3 Ipotesi
I. Sviluppate l’ipotesi prima del disegno dello studio
II. E’ l’idea più importante presentata nel vostro articolo
III. Deve essere scritta chiaramente, in modo conciso e con precisione
2. Scrivere l’Introduzione
2.1. Scopi
I. Come e perché avete sviluppato la vostra ipotesi?
II. Incoraggia il lettore a continuare a leggere
2.2. Rispondete alle seguenti domande:
I. Perché la vostra ricerca è importante?
II. Quali sono i limiti delle ricerche precedenti?
III. Quale è la vostra ipotesi?
Per proseguire nel supporto procedere leggendo le regole sui:
Medoti: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_metodi.asp
Discussione: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_discussione.asp
Ordine di scrittura: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_ordine.asp
Abstract: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_abstract.asp
Titolo e Autori: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_titolo.asp
1.1. Aggiornate la ricerca della letteratura pertinente
1.2. I sei passi da fare prima di cominciare a scrivere (Chi, Che cosa, Quando, Dove, Perché e Come, nello scrivere un lavoro)
I. Stendi una scaletta articolata: che cosa vuoi dire nel lavoro?
II. Che cosa dice di nuovo il lavoro? (altrimenti il tuo tempo sarà meglio speso in qualcos’altro)
III. Il lavoro è originale? Avete pubblicato qualcosa di simile nel passato? I risultati aggiungono qualcosa di nuovo alla letteratura?
IV. Che tipo di lavoro è? (una ricerca originale, una review, un case report, una lettera, un editoriale)
V. Per chi state scrivendo il lavoro? E chi sarà interessato ad esso?
VI. Quale rivista raggiunge il vostro pubblico ideale? Quale tipo di rivista pubblica il tipo di articolo che voi volete scrivere?
VII. Avete accesso a un computer, per creare più copie delle diverse bozze che scriverete?
VIII. Chi leggerà criticamente l’articolo e vi darà suggerimenti, prima di inviare l’articolo alla rivista?
1.3 Ipotesi
I. Sviluppate l’ipotesi prima del disegno dello studio
II. E’ l’idea più importante presentata nel vostro articolo
III. Deve essere scritta chiaramente, in modo conciso e con precisione
2. Scrivere l’Introduzione
2.1. Scopi
I. Come e perché avete sviluppato la vostra ipotesi?
II. Incoraggia il lettore a continuare a leggere
2.2. Rispondete alle seguenti domande:
I. Perché la vostra ricerca è importante?
II. Quali sono i limiti delle ricerche precedenti?
III. Quale è la vostra ipotesi?
Per proseguire nel supporto procedere leggendo le regole sui:
Medoti: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_metodi.asp
Discussione: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_discussione.asp
Ordine di scrittura: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_ordine.asp
Abstract: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_abstract.asp
Titolo e Autori: http://www.epicentro.iss.it/biblio/come_scrivere_titolo.asp
Scrivere un articolo tecnico-scientifico
Al lavoro!
Essere esperti in una certa materia non vuol dire essere capaci di saperla divulgare altrettanto bene. La comunicazione è una disciplina a sé, e i tecnici devono tenere conto di molti aspetti che esulano dal loro lavoro. Ecco perché la stesura di un testo tecnico può risultare più difficile del previsto.
Questo articolo spiega come affrontare la scrittura di un articolo tecnico-scientifico e come risolvere i tipici problemi che essa comporta.
Che cos'è un articolo tecnico-scientifico
Tema e struttura dell'articolo
I contenuti
Ritocchi e revisione finale
Per approfondire
Che cos’è un articolo tecnico-scientifico
Non esiste una definizione precisa di articolo tecnico-scientifico: possono essere considerati tali tutti gli articoli che trattano un particolare aspetto scientifico (una teoria matematica, una scoperta della fisica, una ricerca in campo medico) e/o tecnico (realizzazione di circuiti elettronici, utilizzo di Office, teoria dei colori e fotoritocco).
Di solito l’obiettivo è quello di informare il lettore e aiutarlo a risolvere un certo problema.
Quando si parla di scrittura tecnico-scientifica (spesso si predilige l’aspetto tecnico e per questo è conosciuta anche come technical writing) si pensa di solito al mondo dell’ingegneria e delle scienze.
In realtà oggi si incontrano testi tecnico-scientifici che riguardano praticamente ogni attività e professione. Pensate a un articolo sul metabolismo umano, che può essere letto non solo dai medici, ma anche da sportivi e personal trainer. Oppure all’opuscolo tecnico per la caldaia o il foglietto illustrativo di un medicinale. Anche le dispense su Excel distribuite in molte aziende alle segretarie possono rientrare in questa categoria.
Nell’industria, nelle professioni, negli enti statali, nelle istituzioni della ricerca, nella scuola, gli articoli tecnici (sotto forma di documenti, relazioni, articoli, white paper) sono importanti per informare e guidare nello svolgimento delle attività. Anche il singolo cittadino, che per hobby o per necessità vuole specializzarsi su un certo argomento, li trova spesso indispensabili (pensate alle riviste di informatica o di elettronica vendute in edicola).
La diffusione di internet ha ampliato notevolmente il campo del technical writing, anche perché oggi la carta non è più l’unico mezzo di divulgazione, e molti articoli sono pubblicati solo sul web.
Chiunque può aprire un sito web su un certo argomento, ed essere visibile a tutto il mondo a un costo praticamente nullo. Sul web ormai si possono trovare siti con articoli tecnici su qualsiasi argomento, alcuni ben fatti, altri no.
La disciplina del technical writing richiede competenze sia tecnico-scientifiche (per i contenuti) sia umanistiche (per la forma). Molti autori sono espertissimi in un determinato argomento, ma non sono in grado di spiegarlo efficacemente al grande pubblico, spesso semplicemente perché non sono abituati a scrivere articoli.
Ecco perché in alcune grandi organizzazioni (soprattutto nordamericane) la documentazione tecnica viene redatta da apposite figure professionali che collaborano con i tecnici (che possono essere informatici, ingegneri, medici, fisici): i technical writer.
Ma se si seguono alcune semplici regole, non è difficile scrivere un buon testo tecnico. Proprio per questo ho raccolto alcuni consigli per risolvere i problemi più comuni che un technical writer incontra nella stesura di un articolo, sia su carta che sul web. Consigli che non sempre si trovano sui libri, e che ho appreso negli ultimi anni dall’esperienza di autore e revisore di articoli e libri tecnici.
Tema e struttura dell’articolo
Prediligete gli argomenti in cui siete esperti
La “prima legge della comunicazione” di Whittington (annoverata tra le famose leggi di Murphy) afferma che “quando qualcuno spiega un argomento che non ha ben capito, sarà compreso solo da chi ne sa più di lui”.
Avere una profonda conoscenza di un argomento aiuta a non commettere errori, che comprometterebbero l’immagine dell’autore e dell’editore. Aiuta a scegliere gli aspetti più interessanti da trattare, perché vengono automaticamente suggeriti dall’esperienza personale e dagli errori maturati col tempo. Infine aiuta a scrivere meglio, a scegliere le parole giuste, gli esempi più efficaci, il filo logico più chiaro.
Definite il vostro obiettivo
Un articolo deve avere un obiettivo: dimostrare, risolvere, chiarire, spiegare, inquadrare.
Tenete sempre presente il vostro obiettivo durante la stesura del testo e se non è chiaro dal titolo, specificatelo nell’introduzione.
Se il percorso da intraprendere è complicato e richiede molte “tappe”, anticipatelo al lettore e a ogni passo ricapitolate cosa avete fatto e cosa state per fare per arrivare alla “meta”.
Il lettore deve capire in ogni momento da dove è partito, dove arriverà e dove si trova.
Scrivete titolo, occhiello e abstract efficaci
Una delle difficoltà più comuni tra gli autori alle prime armi è dare all’articolo una struttura chiara ed efficace.
A grandi linee, tutti gli articoli tecnici sono formati da un’introduzione, un corpo (suddiviso in vari paragrafi) e una conclusione. Tuttavia molti non riescono a sfruttare al meglio questa suddivisione e a distribuirvi i contenuti in maniera equilibrata.
L’introduzione serve a “sedurre” il lettore e a promettere che la fiducia accordata sarà ripagata nel resto dell’articolo.
Se non sapete come cominciare, provate a chiedervi: “Qual è il problema che questo articolo risolve? Alla fine dell’articolo il lettore cosa avrà imparato?” e utilizzate le risposte per modellare un’introduzione efficace.
Non è detto che l’introduzione debba essere scritta per prima. Anzi, spesso è scritta a lavoro terminato, quando si hanno le idee più chiare su come sono articolati i contenuti.
Gli stessi princìpi si applicano all’occhiello o all'abstract, quando sono previsti nell’articolo o nel documento.
L’occhiello serve prevalentemente per attirare l’attenzione del lettore (in due o tre righe) e convincerlo ad “immergersi” nella lettura.
L’abstract è il semplice riassunto dell’articolo: ne concentra contenuto e conclusioni.
Inoltre, introduzione, occhiello e abstract sono gli elementi immediatamente visibili nel browser: da qui la loro importante funzione persuasiva.
Vediamo un esempio tratto da un mio articolo di qualche anno fa:
occhiello
L’MCI di Windows consente di riprodurre suoni e animazioni all’interno della propria applicazione. Nell’articolo viene mostrato come sfruttare queste funzioni API creando una comoda classe di interfaccia.
titolo
Suoni e animazioni in applicazioni VB
abstract
Capita spesso di dover riprodurre nella propria applicazione un suono o un’animazione associata a un evento (come la pressione di un pulsante) o durante l’esecuzione di una routine (come la copia di un file). In Visual Basic sono disponibili vari controlli, anche forniti da terze parti e freeware, che svolgono questa funzione, ma talvolta può essere eccessivo includere un OCX al progetto.
Possiamo, con la stessa quantità di codice necessaria alla gestione del controllo, agire sulla Multimedia Control Interface (MCI) di Windows. Alla lunga però può essere ripetitivo e quindi noioso occuparsi delle varie fasi quali l’inizializzazione, l’esecuzione, la gestione degli errori, e così via: in quest’articolo verrà spiegato come creare una classe VB che gestisce la riproduzione di file multimediali avi, wav e mid semplificando notevolmente la vita del programmatore e alleggerendo il programma da OCX superflui.
(da Computer Programming 76 del gennaio 1999)
L’articolo è stato pubblicato su una rivista informatica di programmazione, quindi il tipo di lettore era ben definito. Avrete sicuramente notato come il lessico sia molto settoriale. Dato che l’articolo è di livello medio, già nell’occhiello si danno per scontati i concetti di MCI, Windows, applicazione, API, classe. Più avanti vedremo l’esempio opposto, in cui il pubblico è quello di un quotidiano e data la sua eterogeneità non è possibile dare niente per scontato.
In questo caso, già il titolo fa già capire di cosa tratta l’articolo. L’occhiello “rincara la dose”, spiegando l’obiettivo (riprodurre suoni e animazioni nei programmi). Notate l’aggettivo “comoda” che enfatizza un beneficio derivante dalla lettura. Infine l’introduzione spiega il problema e anticipa la soluzione e i vantaggi (notate i verbi “semplificare” e “alleggerire”).
Utilizzate un approccio top-down
Il corpo del testo deve essere suddiviso in paragrafi.
Una forma di organizzazione standard, utile per chi inizia e da sempre efficace negli articoli tecnici è quella top-down, cioè “dal generale al particolare”.
Iniziate spiegando le linee generali del vostro argomento in un paragrafo; in quelli successivi approfondirete le sottoparti dell’argomento, uno per paragrafo.
Alla fine non deve mancare un esempio pratico (in un articolo che spiega la teoria dei colori e come migliorare le tonalità di una foto, il lettore si aspetta un esempio pratico di intervento su foto reali).
Il metodo top-down garantisce ottimi risultati con i lettori principianti (che sono introdotti gradualmente nei dettagli) ed è sempre gradito ai lettori esperti, che con l’occasione possono ripassare un argomento e comunque possono facilmente saltare dalla parte generale ai dettagli.
Nella conclusione riepilogate quello che è stato spiegato nell’articolo e quello che il lettore è adesso in grado di fare: realizzare un circuito integrato, realizzare un foglio elettronico con Excel, stabilire una dieta personalizzata, correggere i difetti di una foto, risolvere un certo problema matematico.
La conclusione deve riprendere quello che nell’introduzione vi eravate ripromessi di raggiungere, mostrando che ci siete riusciti. Ricordate che per completezza dovete citare anche i lati negativi, se presenti: questo non sminuirà affatto il valore dell’articolo, anzi darà prova della vostra conoscenza approfondita degli argomenti.
I contenuti
Esaustivi, ma non troppo
Stabilite fin dall’inizio il tipo di lettore a cui vi rivolgete (principiante, medio, esperto). Se non è chiaro dal contesto (molti siti lo indicano in un riquadro), specificatelo nell’introduzione, insieme alla preparazione che il lettore deve avere per comprendere i contenuti.
Durante tutto l’articolo tenete presente il lettore-tipo, cercando di spiegare i concetti che pensate non conosca. Se siete sul web può essere utile fornire link ad altri articoli o siti. Cercate di dare al lettore tutte le informazioni di cui ha bisogno, ma non tutto quello che voi sapete su un certo argomento.
Se l’articolo si rivolge a un pubblico già esperto, potete saltare delle spiegazioni di base, ma assicuratevi di citare qualche riferimento bibliografico (o link) sugli argomenti che saltate, in modo che anche i principianti abbiano l’opportunità di prepararsi prima di leggere l’articolo.
Fatti, non parole
Non distogliete mai l’attenzione dal punto di vista del lettore.
Chi legge, al termine di ogni paragrafo si chiederà “A cosa serve in pratica? Quali sono i vantaggi? Cosa comporta?”.
Un articolo ben fatto deve rispondere prontamente a queste domande, anche anticipando le risposte alle domande e ai dubbi del lettore.
È interessante sapere che “Google offre un Web service per interfacciarsi al suo motore di ricerca”. Ma lo sarà ancora di più (e anche per i non addetti ai settore) se spiegherete che “Questo permette di avere un (super) motore di ricerca già pronto da inserire nelle pagine del vostro sito”. Voi sapete che il vostro articolo è straordinariamente utile, ma il lettore no: solo mostrando le applicazioni reali ed esempi pratici riuscirete a convincerlo.
Non importa quanto un argomento sia teorico: esiste sempre una applicazione pratica per spiegarne i vantaggi. Sapevate che Alinghi ha vinto la Coppa America 2003 grazie alle equazioni matematiche della fluidodinamica di Navier-Stokes?
Usate con intelligenza le figure
Le figure completano il prodotto “articolo”.
Spesso sono il primo elemento che il lettore nota insieme al titolo.
Cercate di inserirne almeno una: uno schema, una foto del prodotto che state spiegando, una schermata del software che state programmando. “Vedere” di cosa si sta parlando è importante per il lettore, a volte fondamentale per attirare la sua attenzione.
Non dimenticate nemmeno di inserire una didascalia significativa, magari con una spiegazione dei contenuti dell’articolo. Per esempio, in un articolo sull’utilizzo delle macchine fotografiche digitali, una (bella) foto in prima pagina con didascalia
“Non è facile scegliere la giusta apertura di diaframma per le foto. Nell’articolo imparerete come avere il meglio da ogni condizione.”
Indurrà sicuramente a leggere.
La struttura di una buona didascalia è semplice: si espone il problema e subito dopo la soluzione, rimandando alla lettura.
Chiarite i concetti con esempi, similitudini e metafore
Indipendentemente dal tipo di articolo che state scrivendo, non dimenticate di fornire puntualmente al lettore esempi pratici che esemplifichino concetti e teorie.
Questo vale soprattutto per il web: molte volte il lettore non è esperto dell'argomento e se la lettura diventa troppo difficile sarà portato ad abbandonare e cercare un sito più semplice.
Esempi, similitudini e metafore sono gli "arnesi" preferiti dallo scrittore per facilitare la comprensione di concetti.
Il problema è che per spiegare un concetto ci sono di solito molte alternative, non tutte egualmente efficaci: sta all’autore scegliere la più adatta.
Tenete presente che una similitudine sbagliata provocherà un effetto contrario: oltre al pericolo di incappare in cadute di stile o di rasentare il ridicolo, potreste scegliere paragoni poco intuitivi (una volta ho letto che “un certo collante era forte come la forza nucleare debole”), che renderanno ancora più difficile la lettura.
Ecco come Piero Angela spiega il significato di “zero assoluto”:
“Per comprendere il significato di zero assoluto, basta tener predente un concetto molto importante in fisica: il calore è movimento. [...] Se si mette una pentola d’acqua sul fuoco, dopo qualche minuto, si vede che la massa di acqua si muove leggermente, e che si sono create delle piccole correnti. Una volta arrivati a 100 gradi, l’acqua com’è noto si mette letteralmente a bollire.
In un certo senso è in perenne movimento. Se al contrario si raffredda sempre più la pentola, l’acqua rallenta il suo movimento interno, fino a diventare calma e, quando si raggiungono gli zero gradi, si ghiaccia.
A quel punto tutto è immobile. In un certo senso lo stesso accade alla materia. Più un oggetto è caldo, più le molecole che lo compongono si agitano, “vibrano”. E viceversa, più è freddo, più le sue molecole rallentano il movimento. È evidente che questo rallentamento non è infinito: a un certo punto, le molecole a forza di rallentare si fermano del tutto. Oltre non si può andare: le molecole infatti non possono essere più ferme di così.
Proprio come fra vari orologi fermi, non ce n’è uno più fermo degli altri.
Questo è, appunto, lo zero assoluto: la temperatura alla quale tutto è fermo all’interno della materia. Tale temperatura è di -273,15 gradi centigradi.”
(Viaggio nella scienza, supplemento a “la Repubblica”)
In questo caso il pubblico era quello di un quotidiano, quindi eterogeneo: non si poteva dare per scontata nessuna preparazione sull’argomento.
Ecco perché l’autore ha innanzitutto introdotto il concetto base “il calore è movimento”. E per farlo ha scelto un esempio concreto, quello della pentola che bolle: in questo modo nella mente del lettore prendono forma immagini di situazioni reali di cui ha avuto diretta esperienza e riesce a comprendere per “estrapolazione” i nuovi concetti.
Solo dopo aver formato il lettore con la nozione di base, l’autore spiega il significato di zero assoluto con una similitudine: “come fra vari orologi fermi, non ce n’è uno più fermo degli altri”.
Ritocchi e revisione finale
Riferimenti bibliografici
La bibliografia è un aspetto da curare con molta attenzione.
Se consigliate i testi e i siti giusti, il lettore aumenterà la sua stima nei vostri confronti.
Una bibliografia ben fatta prova che l’autore conosce bene la letteratura su un certo argomento: lo noteranno sia il lettore ia il technical reviewer che revisionerà l’articolo.
Attenzione alla troppa “auto-referenziazione”, cioè all’inserire troppi (e soprattutto non pertinenti) riferimenti ad articoli propri. I riferimenti forzati ottengono l’effetto opposto a quello appena esposto.
La forma dei riferimenti varia a seconda della rivista o del sito.
La revisione
Dopo aver completato l’articolo, lasciate passare qualche giorno prima di rileggerlo e fare la lettura finale. Più tempo passa meglio è, ma è evidente che i tempi editoriali non permettono di aspettare più di tanto.
Se potete, fate leggere l’articolo a uno o più colleghi: avere l’opinione di estranei è utilissimo, sia per trovare errori tecnici, sia per migliorare la struttura e lo stile dei contenuti.
Il parere di un estraneo è essenziale, perché l’autore non riesce a vedere tutti i suoi errori. Gli articoli tecnici devono passare almeno una revisione tecnica da parte di uno o più technical editor o technical reviewer. Tale revisione serve a stabilire se i contenuti sono validi e corretti.
Passata la revisione tecnica, si passa alla revisione stilistica, per migliorare la forma espositiva. Quest'ultima viene fatta dallo stesso reviewer (soprattutto nel web), oppure da un revisore non tecnico (tutte le riviste hanno un revisore per la lingua e lo stile).
Consegnate l’articolo stilato secondo le norme editoriali fornite dalla rivista o dal responsabile del sito web. Gli editor valutano la professionalità dell’autore non solo in base ai contenuti, ma anche in base alla “forma” dell’articolo, cioè al modo in cui esso è presentato.
Ogni rivista ha le sue norme editoriali, di solito raccolte in un documento che ogni autore può richiedere all’inizio della collaborazione con la casa editrice o con il sito.
In questo documento sono elencati i caratteri da utilizzare, il formato delle figure, della bibliografia, e così via. A volte c’è allegato un articolo dimostrativo.
Chiedete all’editor le norme editoriali e seguitele alla lettera. Se non esistono, chiedete di avere un articolo di esempio cui ispirarvi. Cercate di usare gli stessi standard e in caso di dubbio (le didascalie vanno incluse sotto le figure? Web si scrive minuscolo o maiuscolo? I termini inglesi vanno in corsivo?) chiedete in anticipo ai responsabili: farete un’ottima impressione dimostrando attenzione ai dettagli.
Imparate dagli errori
Nessun consiglio è migliore dell’esperienza.
Quando consegnate un articolo, chiedete a chi ha revisionato lo stile di farvi avere una copia delle correzioni. Spesso le revisioni sono inviate in ogni caso, per essere accettate dall’autore.
Se possibile, prima di consegnare l’articolo per la pubblicazione, chiedete all’editor di commentare le revisioni con delle spiegazioni: soprattutto all’inizio e se scrivete in lingua straniera sarà utilissimo per non cadere una seconda volta nell’errore.
Non c’è cosa peggiore degli autori che ripetono ogni volta gli errori: darete un’impressione di pigrizia e non professionalità.
Studiate i vostri errori e se siete in dubbio chiedete il perché di una correzione; di nuovo, la vostra inclinazione al miglioramento sarà ben gradita all’editor e vi distinguerà sicuramente dagli altri.
Per approfondire
In questo articolo ho cercato di dare alcuni consigli per la stesura di articoli tecnici. Un articolo è efficace quando, oltre a informare, convince il lettore della sua validità.
I suggerimenti esposti non costituiscono certo la “guida completa” al technical writing, e vanno integrati con letture specifiche (o più generali) sulla scrittura.
Per iniziare non posso che citare Il nuovo manuale di stile di Roberto Lesina (Zanichelli), che non dovrebbe mai mancare sulla scrivania di uno scrittore (tecnico e non).
Se scrivete in italiano vi può essere utile ripassare velocemente le regole grammaticali e ortografiche con Italiano. Corso di sopravvivenza di Massimo Birattari (Ponte alle Grazie).
Qualsiasi sia il vostro grado di preparazione nella scrittura, consiglio vivamente Italiano: Lo Stile, sempre di Massimo Birattari, un eccellente manuale per migliorare l’efficacia della scrittura. Sia io che i miei colleghi ne abbiamo tratto giovamento e abbiamo migliorato lo stile, sia italiano che inglese.
Per quanto riguarda la letteratura specifica per il technical writing, Fondamenti di comunicazione tecnico-scientifica di Emilio Matricciani (Apogeo) contiene tutto quello che bisogna sapere sulla scrittura tecnica, è ben scritto e soprattutto completo. Consigliato a chi vuole intraprendere seriamente la carriera di technical writer.
Alberto Falossi è consulente informatico, esperto di Web 2.0 e nuovi media.
È professore a contratto alla facoltà di Economia dell'Università di Pisa. È il fondatore di QualeTeatro, il sito collaborativo con la mappa di tutti gli spettacoli teatrali in Italia.
Giornalista scientifico, dal 2001 al 2005 è stato il direttore tecnico di una rivista informatica di programmazione. Il suo blog: www.albertofalossi.com.
Essere esperti in una certa materia non vuol dire essere capaci di saperla divulgare altrettanto bene. La comunicazione è una disciplina a sé, e i tecnici devono tenere conto di molti aspetti che esulano dal loro lavoro. Ecco perché la stesura di un testo tecnico può risultare più difficile del previsto.
Questo articolo spiega come affrontare la scrittura di un articolo tecnico-scientifico e come risolvere i tipici problemi che essa comporta.
Che cos'è un articolo tecnico-scientifico
Tema e struttura dell'articolo
I contenuti
Ritocchi e revisione finale
Per approfondire
Che cos’è un articolo tecnico-scientifico
Non esiste una definizione precisa di articolo tecnico-scientifico: possono essere considerati tali tutti gli articoli che trattano un particolare aspetto scientifico (una teoria matematica, una scoperta della fisica, una ricerca in campo medico) e/o tecnico (realizzazione di circuiti elettronici, utilizzo di Office, teoria dei colori e fotoritocco).
Di solito l’obiettivo è quello di informare il lettore e aiutarlo a risolvere un certo problema.
Quando si parla di scrittura tecnico-scientifica (spesso si predilige l’aspetto tecnico e per questo è conosciuta anche come technical writing) si pensa di solito al mondo dell’ingegneria e delle scienze.
In realtà oggi si incontrano testi tecnico-scientifici che riguardano praticamente ogni attività e professione. Pensate a un articolo sul metabolismo umano, che può essere letto non solo dai medici, ma anche da sportivi e personal trainer. Oppure all’opuscolo tecnico per la caldaia o il foglietto illustrativo di un medicinale. Anche le dispense su Excel distribuite in molte aziende alle segretarie possono rientrare in questa categoria.
Nell’industria, nelle professioni, negli enti statali, nelle istituzioni della ricerca, nella scuola, gli articoli tecnici (sotto forma di documenti, relazioni, articoli, white paper) sono importanti per informare e guidare nello svolgimento delle attività. Anche il singolo cittadino, che per hobby o per necessità vuole specializzarsi su un certo argomento, li trova spesso indispensabili (pensate alle riviste di informatica o di elettronica vendute in edicola).
La diffusione di internet ha ampliato notevolmente il campo del technical writing, anche perché oggi la carta non è più l’unico mezzo di divulgazione, e molti articoli sono pubblicati solo sul web.
Chiunque può aprire un sito web su un certo argomento, ed essere visibile a tutto il mondo a un costo praticamente nullo. Sul web ormai si possono trovare siti con articoli tecnici su qualsiasi argomento, alcuni ben fatti, altri no.
La disciplina del technical writing richiede competenze sia tecnico-scientifiche (per i contenuti) sia umanistiche (per la forma). Molti autori sono espertissimi in un determinato argomento, ma non sono in grado di spiegarlo efficacemente al grande pubblico, spesso semplicemente perché non sono abituati a scrivere articoli.
Ecco perché in alcune grandi organizzazioni (soprattutto nordamericane) la documentazione tecnica viene redatta da apposite figure professionali che collaborano con i tecnici (che possono essere informatici, ingegneri, medici, fisici): i technical writer.
Ma se si seguono alcune semplici regole, non è difficile scrivere un buon testo tecnico. Proprio per questo ho raccolto alcuni consigli per risolvere i problemi più comuni che un technical writer incontra nella stesura di un articolo, sia su carta che sul web. Consigli che non sempre si trovano sui libri, e che ho appreso negli ultimi anni dall’esperienza di autore e revisore di articoli e libri tecnici.
Tema e struttura dell’articolo
Prediligete gli argomenti in cui siete esperti
La “prima legge della comunicazione” di Whittington (annoverata tra le famose leggi di Murphy) afferma che “quando qualcuno spiega un argomento che non ha ben capito, sarà compreso solo da chi ne sa più di lui”.
Avere una profonda conoscenza di un argomento aiuta a non commettere errori, che comprometterebbero l’immagine dell’autore e dell’editore. Aiuta a scegliere gli aspetti più interessanti da trattare, perché vengono automaticamente suggeriti dall’esperienza personale e dagli errori maturati col tempo. Infine aiuta a scrivere meglio, a scegliere le parole giuste, gli esempi più efficaci, il filo logico più chiaro.
Definite il vostro obiettivo
Un articolo deve avere un obiettivo: dimostrare, risolvere, chiarire, spiegare, inquadrare.
Tenete sempre presente il vostro obiettivo durante la stesura del testo e se non è chiaro dal titolo, specificatelo nell’introduzione.
Se il percorso da intraprendere è complicato e richiede molte “tappe”, anticipatelo al lettore e a ogni passo ricapitolate cosa avete fatto e cosa state per fare per arrivare alla “meta”.
Il lettore deve capire in ogni momento da dove è partito, dove arriverà e dove si trova.
Scrivete titolo, occhiello e abstract efficaci
Una delle difficoltà più comuni tra gli autori alle prime armi è dare all’articolo una struttura chiara ed efficace.
A grandi linee, tutti gli articoli tecnici sono formati da un’introduzione, un corpo (suddiviso in vari paragrafi) e una conclusione. Tuttavia molti non riescono a sfruttare al meglio questa suddivisione e a distribuirvi i contenuti in maniera equilibrata.
L’introduzione serve a “sedurre” il lettore e a promettere che la fiducia accordata sarà ripagata nel resto dell’articolo.
Se non sapete come cominciare, provate a chiedervi: “Qual è il problema che questo articolo risolve? Alla fine dell’articolo il lettore cosa avrà imparato?” e utilizzate le risposte per modellare un’introduzione efficace.
Non è detto che l’introduzione debba essere scritta per prima. Anzi, spesso è scritta a lavoro terminato, quando si hanno le idee più chiare su come sono articolati i contenuti.
Gli stessi princìpi si applicano all’occhiello o all'abstract, quando sono previsti nell’articolo o nel documento.
L’occhiello serve prevalentemente per attirare l’attenzione del lettore (in due o tre righe) e convincerlo ad “immergersi” nella lettura.
L’abstract è il semplice riassunto dell’articolo: ne concentra contenuto e conclusioni.
Inoltre, introduzione, occhiello e abstract sono gli elementi immediatamente visibili nel browser: da qui la loro importante funzione persuasiva.
Vediamo un esempio tratto da un mio articolo di qualche anno fa:
occhiello
L’MCI di Windows consente di riprodurre suoni e animazioni all’interno della propria applicazione. Nell’articolo viene mostrato come sfruttare queste funzioni API creando una comoda classe di interfaccia.
titolo
Suoni e animazioni in applicazioni VB
abstract
Capita spesso di dover riprodurre nella propria applicazione un suono o un’animazione associata a un evento (come la pressione di un pulsante) o durante l’esecuzione di una routine (come la copia di un file). In Visual Basic sono disponibili vari controlli, anche forniti da terze parti e freeware, che svolgono questa funzione, ma talvolta può essere eccessivo includere un OCX al progetto.
Possiamo, con la stessa quantità di codice necessaria alla gestione del controllo, agire sulla Multimedia Control Interface (MCI) di Windows. Alla lunga però può essere ripetitivo e quindi noioso occuparsi delle varie fasi quali l’inizializzazione, l’esecuzione, la gestione degli errori, e così via: in quest’articolo verrà spiegato come creare una classe VB che gestisce la riproduzione di file multimediali avi, wav e mid semplificando notevolmente la vita del programmatore e alleggerendo il programma da OCX superflui.
(da Computer Programming 76 del gennaio 1999)
L’articolo è stato pubblicato su una rivista informatica di programmazione, quindi il tipo di lettore era ben definito. Avrete sicuramente notato come il lessico sia molto settoriale. Dato che l’articolo è di livello medio, già nell’occhiello si danno per scontati i concetti di MCI, Windows, applicazione, API, classe. Più avanti vedremo l’esempio opposto, in cui il pubblico è quello di un quotidiano e data la sua eterogeneità non è possibile dare niente per scontato.
In questo caso, già il titolo fa già capire di cosa tratta l’articolo. L’occhiello “rincara la dose”, spiegando l’obiettivo (riprodurre suoni e animazioni nei programmi). Notate l’aggettivo “comoda” che enfatizza un beneficio derivante dalla lettura. Infine l’introduzione spiega il problema e anticipa la soluzione e i vantaggi (notate i verbi “semplificare” e “alleggerire”).
Utilizzate un approccio top-down
Il corpo del testo deve essere suddiviso in paragrafi.
Una forma di organizzazione standard, utile per chi inizia e da sempre efficace negli articoli tecnici è quella top-down, cioè “dal generale al particolare”.
Iniziate spiegando le linee generali del vostro argomento in un paragrafo; in quelli successivi approfondirete le sottoparti dell’argomento, uno per paragrafo.
Alla fine non deve mancare un esempio pratico (in un articolo che spiega la teoria dei colori e come migliorare le tonalità di una foto, il lettore si aspetta un esempio pratico di intervento su foto reali).
Il metodo top-down garantisce ottimi risultati con i lettori principianti (che sono introdotti gradualmente nei dettagli) ed è sempre gradito ai lettori esperti, che con l’occasione possono ripassare un argomento e comunque possono facilmente saltare dalla parte generale ai dettagli.
Nella conclusione riepilogate quello che è stato spiegato nell’articolo e quello che il lettore è adesso in grado di fare: realizzare un circuito integrato, realizzare un foglio elettronico con Excel, stabilire una dieta personalizzata, correggere i difetti di una foto, risolvere un certo problema matematico.
La conclusione deve riprendere quello che nell’introduzione vi eravate ripromessi di raggiungere, mostrando che ci siete riusciti. Ricordate che per completezza dovete citare anche i lati negativi, se presenti: questo non sminuirà affatto il valore dell’articolo, anzi darà prova della vostra conoscenza approfondita degli argomenti.
I contenuti
Esaustivi, ma non troppo
Stabilite fin dall’inizio il tipo di lettore a cui vi rivolgete (principiante, medio, esperto). Se non è chiaro dal contesto (molti siti lo indicano in un riquadro), specificatelo nell’introduzione, insieme alla preparazione che il lettore deve avere per comprendere i contenuti.
Durante tutto l’articolo tenete presente il lettore-tipo, cercando di spiegare i concetti che pensate non conosca. Se siete sul web può essere utile fornire link ad altri articoli o siti. Cercate di dare al lettore tutte le informazioni di cui ha bisogno, ma non tutto quello che voi sapete su un certo argomento.
Se l’articolo si rivolge a un pubblico già esperto, potete saltare delle spiegazioni di base, ma assicuratevi di citare qualche riferimento bibliografico (o link) sugli argomenti che saltate, in modo che anche i principianti abbiano l’opportunità di prepararsi prima di leggere l’articolo.
Fatti, non parole
Non distogliete mai l’attenzione dal punto di vista del lettore.
Chi legge, al termine di ogni paragrafo si chiederà “A cosa serve in pratica? Quali sono i vantaggi? Cosa comporta?”.
Un articolo ben fatto deve rispondere prontamente a queste domande, anche anticipando le risposte alle domande e ai dubbi del lettore.
È interessante sapere che “Google offre un Web service per interfacciarsi al suo motore di ricerca”. Ma lo sarà ancora di più (e anche per i non addetti ai settore) se spiegherete che “Questo permette di avere un (super) motore di ricerca già pronto da inserire nelle pagine del vostro sito”. Voi sapete che il vostro articolo è straordinariamente utile, ma il lettore no: solo mostrando le applicazioni reali ed esempi pratici riuscirete a convincerlo.
Non importa quanto un argomento sia teorico: esiste sempre una applicazione pratica per spiegarne i vantaggi. Sapevate che Alinghi ha vinto la Coppa America 2003 grazie alle equazioni matematiche della fluidodinamica di Navier-Stokes?
Usate con intelligenza le figure
Le figure completano il prodotto “articolo”.
Spesso sono il primo elemento che il lettore nota insieme al titolo.
Cercate di inserirne almeno una: uno schema, una foto del prodotto che state spiegando, una schermata del software che state programmando. “Vedere” di cosa si sta parlando è importante per il lettore, a volte fondamentale per attirare la sua attenzione.
Non dimenticate nemmeno di inserire una didascalia significativa, magari con una spiegazione dei contenuti dell’articolo. Per esempio, in un articolo sull’utilizzo delle macchine fotografiche digitali, una (bella) foto in prima pagina con didascalia
“Non è facile scegliere la giusta apertura di diaframma per le foto. Nell’articolo imparerete come avere il meglio da ogni condizione.”
Indurrà sicuramente a leggere.
La struttura di una buona didascalia è semplice: si espone il problema e subito dopo la soluzione, rimandando alla lettura.
Chiarite i concetti con esempi, similitudini e metafore
Indipendentemente dal tipo di articolo che state scrivendo, non dimenticate di fornire puntualmente al lettore esempi pratici che esemplifichino concetti e teorie.
Questo vale soprattutto per il web: molte volte il lettore non è esperto dell'argomento e se la lettura diventa troppo difficile sarà portato ad abbandonare e cercare un sito più semplice.
Esempi, similitudini e metafore sono gli "arnesi" preferiti dallo scrittore per facilitare la comprensione di concetti.
Il problema è che per spiegare un concetto ci sono di solito molte alternative, non tutte egualmente efficaci: sta all’autore scegliere la più adatta.
Tenete presente che una similitudine sbagliata provocherà un effetto contrario: oltre al pericolo di incappare in cadute di stile o di rasentare il ridicolo, potreste scegliere paragoni poco intuitivi (una volta ho letto che “un certo collante era forte come la forza nucleare debole”), che renderanno ancora più difficile la lettura.
Ecco come Piero Angela spiega il significato di “zero assoluto”:
“Per comprendere il significato di zero assoluto, basta tener predente un concetto molto importante in fisica: il calore è movimento. [...] Se si mette una pentola d’acqua sul fuoco, dopo qualche minuto, si vede che la massa di acqua si muove leggermente, e che si sono create delle piccole correnti. Una volta arrivati a 100 gradi, l’acqua com’è noto si mette letteralmente a bollire.
In un certo senso è in perenne movimento. Se al contrario si raffredda sempre più la pentola, l’acqua rallenta il suo movimento interno, fino a diventare calma e, quando si raggiungono gli zero gradi, si ghiaccia.
A quel punto tutto è immobile. In un certo senso lo stesso accade alla materia. Più un oggetto è caldo, più le molecole che lo compongono si agitano, “vibrano”. E viceversa, più è freddo, più le sue molecole rallentano il movimento. È evidente che questo rallentamento non è infinito: a un certo punto, le molecole a forza di rallentare si fermano del tutto. Oltre non si può andare: le molecole infatti non possono essere più ferme di così.
Proprio come fra vari orologi fermi, non ce n’è uno più fermo degli altri.
Questo è, appunto, lo zero assoluto: la temperatura alla quale tutto è fermo all’interno della materia. Tale temperatura è di -273,15 gradi centigradi.”
(Viaggio nella scienza, supplemento a “la Repubblica”)
In questo caso il pubblico era quello di un quotidiano, quindi eterogeneo: non si poteva dare per scontata nessuna preparazione sull’argomento.
Ecco perché l’autore ha innanzitutto introdotto il concetto base “il calore è movimento”. E per farlo ha scelto un esempio concreto, quello della pentola che bolle: in questo modo nella mente del lettore prendono forma immagini di situazioni reali di cui ha avuto diretta esperienza e riesce a comprendere per “estrapolazione” i nuovi concetti.
Solo dopo aver formato il lettore con la nozione di base, l’autore spiega il significato di zero assoluto con una similitudine: “come fra vari orologi fermi, non ce n’è uno più fermo degli altri”.
Ritocchi e revisione finale
Riferimenti bibliografici
La bibliografia è un aspetto da curare con molta attenzione.
Se consigliate i testi e i siti giusti, il lettore aumenterà la sua stima nei vostri confronti.
Una bibliografia ben fatta prova che l’autore conosce bene la letteratura su un certo argomento: lo noteranno sia il lettore ia il technical reviewer che revisionerà l’articolo.
Attenzione alla troppa “auto-referenziazione”, cioè all’inserire troppi (e soprattutto non pertinenti) riferimenti ad articoli propri. I riferimenti forzati ottengono l’effetto opposto a quello appena esposto.
La forma dei riferimenti varia a seconda della rivista o del sito.
La revisione
Dopo aver completato l’articolo, lasciate passare qualche giorno prima di rileggerlo e fare la lettura finale. Più tempo passa meglio è, ma è evidente che i tempi editoriali non permettono di aspettare più di tanto.
Se potete, fate leggere l’articolo a uno o più colleghi: avere l’opinione di estranei è utilissimo, sia per trovare errori tecnici, sia per migliorare la struttura e lo stile dei contenuti.
Il parere di un estraneo è essenziale, perché l’autore non riesce a vedere tutti i suoi errori. Gli articoli tecnici devono passare almeno una revisione tecnica da parte di uno o più technical editor o technical reviewer. Tale revisione serve a stabilire se i contenuti sono validi e corretti.
Passata la revisione tecnica, si passa alla revisione stilistica, per migliorare la forma espositiva. Quest'ultima viene fatta dallo stesso reviewer (soprattutto nel web), oppure da un revisore non tecnico (tutte le riviste hanno un revisore per la lingua e lo stile).
Consegnate l’articolo stilato secondo le norme editoriali fornite dalla rivista o dal responsabile del sito web. Gli editor valutano la professionalità dell’autore non solo in base ai contenuti, ma anche in base alla “forma” dell’articolo, cioè al modo in cui esso è presentato.
Ogni rivista ha le sue norme editoriali, di solito raccolte in un documento che ogni autore può richiedere all’inizio della collaborazione con la casa editrice o con il sito.
In questo documento sono elencati i caratteri da utilizzare, il formato delle figure, della bibliografia, e così via. A volte c’è allegato un articolo dimostrativo.
Chiedete all’editor le norme editoriali e seguitele alla lettera. Se non esistono, chiedete di avere un articolo di esempio cui ispirarvi. Cercate di usare gli stessi standard e in caso di dubbio (le didascalie vanno incluse sotto le figure? Web si scrive minuscolo o maiuscolo? I termini inglesi vanno in corsivo?) chiedete in anticipo ai responsabili: farete un’ottima impressione dimostrando attenzione ai dettagli.
Imparate dagli errori
Nessun consiglio è migliore dell’esperienza.
Quando consegnate un articolo, chiedete a chi ha revisionato lo stile di farvi avere una copia delle correzioni. Spesso le revisioni sono inviate in ogni caso, per essere accettate dall’autore.
Se possibile, prima di consegnare l’articolo per la pubblicazione, chiedete all’editor di commentare le revisioni con delle spiegazioni: soprattutto all’inizio e se scrivete in lingua straniera sarà utilissimo per non cadere una seconda volta nell’errore.
Non c’è cosa peggiore degli autori che ripetono ogni volta gli errori: darete un’impressione di pigrizia e non professionalità.
Studiate i vostri errori e se siete in dubbio chiedete il perché di una correzione; di nuovo, la vostra inclinazione al miglioramento sarà ben gradita all’editor e vi distinguerà sicuramente dagli altri.
Per approfondire
In questo articolo ho cercato di dare alcuni consigli per la stesura di articoli tecnici. Un articolo è efficace quando, oltre a informare, convince il lettore della sua validità.
I suggerimenti esposti non costituiscono certo la “guida completa” al technical writing, e vanno integrati con letture specifiche (o più generali) sulla scrittura.
Per iniziare non posso che citare Il nuovo manuale di stile di Roberto Lesina (Zanichelli), che non dovrebbe mai mancare sulla scrivania di uno scrittore (tecnico e non).
Se scrivete in italiano vi può essere utile ripassare velocemente le regole grammaticali e ortografiche con Italiano. Corso di sopravvivenza di Massimo Birattari (Ponte alle Grazie).
Qualsiasi sia il vostro grado di preparazione nella scrittura, consiglio vivamente Italiano: Lo Stile, sempre di Massimo Birattari, un eccellente manuale per migliorare l’efficacia della scrittura. Sia io che i miei colleghi ne abbiamo tratto giovamento e abbiamo migliorato lo stile, sia italiano che inglese.
Per quanto riguarda la letteratura specifica per il technical writing, Fondamenti di comunicazione tecnico-scientifica di Emilio Matricciani (Apogeo) contiene tutto quello che bisogna sapere sulla scrittura tecnica, è ben scritto e soprattutto completo. Consigliato a chi vuole intraprendere seriamente la carriera di technical writer.
Alberto Falossi è consulente informatico, esperto di Web 2.0 e nuovi media.
È professore a contratto alla facoltà di Economia dell'Università di Pisa. È il fondatore di QualeTeatro, il sito collaborativo con la mappa di tutti gli spettacoli teatrali in Italia.
Giornalista scientifico, dal 2001 al 2005 è stato il direttore tecnico di una rivista informatica di programmazione. Il suo blog: www.albertofalossi.com.
Come scrivere un breve racconto
Ci sono delle regole per scrivere un bel racconto?
Direi di no. Semmai ci sono delle regole per evitare di scriverne uno brutto. Scrivere un bel racconto richiede una dose essenziale di incanto, di fortuna, senza la quale anche il più grande virtuoso delle tecniche di «creative writing» può solo confezionare un «prodotto carino». Un racconto brutto invece è il risultato di ingenuità facilmente scongiurabili – dando ovviamente per scontato che parliamo di persone a cui piace raccontare e che si sentono portate a farlo.
Il decalogo, anzi l’eptalogo che segue (mi sono venuti solo sette comandamenti) richiede anche un’altra premessa: che l’aspirante narratore prenda questo gioco sul serio, non cioè come un semplice esercizio aguzza-ingegno, ma come una prova in grado di rivelargli qualcosa di sé e degli altri che ancora non sa. Voglio dire, chiunque abbia una certa padronanza della lingua e della metrica italiane può divertirsi a comporre un sonetto: poi, su un altro piano, ci sono coloro che sentono di dover esprimere un’emozione e di poterlo fare solo attraverso le barriere vivificanti di quelle quattro strofette. Ecco, l’eptalogo è per loro.
Primo, non pensare a scrivere, pensa a vivere. Se vivi pienamente, se presti attenzione alle cose che ti succedono attorno, se ascolti e ti ascolti, il più è fatto. L’esperienza si trasformerà in scrittura, pretenderà una voce, una pagina.
Secondo, non chiederti cosa sarebbe bello leggere, chiediti se ciò che hai in mente puoi evitare di scriverlo. Se la risposta è sì, alzati e vai a farti un giro, ci sono mille cose più divertenti che sforzarsi di raccontare una storia. Eccoci alla faccenda dell’ispirazione. L’ispirazione, intesa come furor poetico insufflato dagli dei, forse non esiste, d’accordo, ma neanche l’immagine opposta dello scrittore artigiano, dello scrittore che pialla e incolla e poi chiude per cena, be’ neanche quella vale granché. Diciamo che a piallare e a incollare s’impara (se si è portati), ma senza un’idea che ti inchiodi alla sedia e ti costringa a farsi scrivere non verrà mai fuori nulla di buono. Bene, immaginiamo che l’idea del racconto sia già lì, nel suo bel fumetto con la lampadina…
Terzo, non andare tu dal racconto, lascia che il racconto venga a te. Non titillarlo, non supplicarlo, non metterti davanti alla campitura immacolata di Word prima di avere una frase in testa con cui sporcarla. Niente è più inibente che trovarsi a inventare dal nulla con un documento Senza Titolo che ti fissa in quel modo spietato e neutro di cui solo lui è capace. Un trucco è appuntarsi la frase quando viene – su un tovagliolo di carta, una bustina di zucchero, un biglietto della metro, non importa dove – e mettersela in tasca. Se ci si dimentica (55%) vuol dire che non ne valeva la pena. Se ci si ricorda ma rileggendola fa schifo (40%), il risultato è lo stesso. Altrimenti (5%) si comincia a lavorare.
Quarto, non perderti in fronzoli, niente digressioni, niente preamboli. La forza del racconto breve sta anche nella sua miracolosa semplicità. Pensa a Cechov, pensa a Carver, pensa a Kafka. È un tuffo, non puoi metterti a ricamarci sopra – uno, massimo due avvitamenti -, importante è come entri in acqua.
Quinto, non dare informazioni, non spiegare, non commentare, fai in modo che quello che vuoi esprimere sia trasmesso dai gesti dei tuoi personaggi e dalle battute dei loro dialoghi. Se Eva è depressa, non scrivere Eva è depressa, scrivi Eva fissa il soffitto, scrivi i suoi capelli hanno bisogno di uno shampoo.
Sesto, non puntare all’incredibile, punta anzi a rendere il tuo personaggio il più credibile possibile. Se è un marziano, dài al lettore l’impressione che, se fosse anche lui un marziano, penserebbe e agirebbe in quel modo.
Settimo, non salvare mille versioni, occupano un sacco di memoria inutilmente. Se le hai scartate una volta, non ti piaceranno più.
Ecco, adesso sei sicuro che non scriverai un racconto brutto. Per quello bello, chiedi ai maghi.
Mauro Covacich - http://vertigine.wordpress.com/2008/08/09/mauro-covacich-sette-consigli-per-scrivere-un-buon-racconto/
Direi di no. Semmai ci sono delle regole per evitare di scriverne uno brutto. Scrivere un bel racconto richiede una dose essenziale di incanto, di fortuna, senza la quale anche il più grande virtuoso delle tecniche di «creative writing» può solo confezionare un «prodotto carino». Un racconto brutto invece è il risultato di ingenuità facilmente scongiurabili – dando ovviamente per scontato che parliamo di persone a cui piace raccontare e che si sentono portate a farlo.
Il decalogo, anzi l’eptalogo che segue (mi sono venuti solo sette comandamenti) richiede anche un’altra premessa: che l’aspirante narratore prenda questo gioco sul serio, non cioè come un semplice esercizio aguzza-ingegno, ma come una prova in grado di rivelargli qualcosa di sé e degli altri che ancora non sa. Voglio dire, chiunque abbia una certa padronanza della lingua e della metrica italiane può divertirsi a comporre un sonetto: poi, su un altro piano, ci sono coloro che sentono di dover esprimere un’emozione e di poterlo fare solo attraverso le barriere vivificanti di quelle quattro strofette. Ecco, l’eptalogo è per loro.
Primo, non pensare a scrivere, pensa a vivere. Se vivi pienamente, se presti attenzione alle cose che ti succedono attorno, se ascolti e ti ascolti, il più è fatto. L’esperienza si trasformerà in scrittura, pretenderà una voce, una pagina.
Secondo, non chiederti cosa sarebbe bello leggere, chiediti se ciò che hai in mente puoi evitare di scriverlo. Se la risposta è sì, alzati e vai a farti un giro, ci sono mille cose più divertenti che sforzarsi di raccontare una storia. Eccoci alla faccenda dell’ispirazione. L’ispirazione, intesa come furor poetico insufflato dagli dei, forse non esiste, d’accordo, ma neanche l’immagine opposta dello scrittore artigiano, dello scrittore che pialla e incolla e poi chiude per cena, be’ neanche quella vale granché. Diciamo che a piallare e a incollare s’impara (se si è portati), ma senza un’idea che ti inchiodi alla sedia e ti costringa a farsi scrivere non verrà mai fuori nulla di buono. Bene, immaginiamo che l’idea del racconto sia già lì, nel suo bel fumetto con la lampadina…
Terzo, non andare tu dal racconto, lascia che il racconto venga a te. Non titillarlo, non supplicarlo, non metterti davanti alla campitura immacolata di Word prima di avere una frase in testa con cui sporcarla. Niente è più inibente che trovarsi a inventare dal nulla con un documento Senza Titolo che ti fissa in quel modo spietato e neutro di cui solo lui è capace. Un trucco è appuntarsi la frase quando viene – su un tovagliolo di carta, una bustina di zucchero, un biglietto della metro, non importa dove – e mettersela in tasca. Se ci si dimentica (55%) vuol dire che non ne valeva la pena. Se ci si ricorda ma rileggendola fa schifo (40%), il risultato è lo stesso. Altrimenti (5%) si comincia a lavorare.
Quarto, non perderti in fronzoli, niente digressioni, niente preamboli. La forza del racconto breve sta anche nella sua miracolosa semplicità. Pensa a Cechov, pensa a Carver, pensa a Kafka. È un tuffo, non puoi metterti a ricamarci sopra – uno, massimo due avvitamenti -, importante è come entri in acqua.
Quinto, non dare informazioni, non spiegare, non commentare, fai in modo che quello che vuoi esprimere sia trasmesso dai gesti dei tuoi personaggi e dalle battute dei loro dialoghi. Se Eva è depressa, non scrivere Eva è depressa, scrivi Eva fissa il soffitto, scrivi i suoi capelli hanno bisogno di uno shampoo.
Sesto, non puntare all’incredibile, punta anzi a rendere il tuo personaggio il più credibile possibile. Se è un marziano, dài al lettore l’impressione che, se fosse anche lui un marziano, penserebbe e agirebbe in quel modo.
Settimo, non salvare mille versioni, occupano un sacco di memoria inutilmente. Se le hai scartate una volta, non ti piaceranno più.
Ecco, adesso sei sicuro che non scriverai un racconto brutto. Per quello bello, chiedi ai maghi.
Mauro Covacich - http://vertigine.wordpress.com/2008/08/09/mauro-covacich-sette-consigli-per-scrivere-un-buon-racconto/
Scrivere racconti brevi
Il racconto, la forma di comunicazione più antica che conosciamo. I racconti brevi (short story, flash fiction o flash nonfiction) possono essere molto efficaci. Concisi, essenziali, vanno subito al punto. Attirano l’attenzione del lettore, lo emozionano. Sono facili da leggere, e soprattutto da ricordare.
Le caratteristiche di un racconto breve:
* Va dalle 500 alle 700 parole.
* Presenta 1 o 2 caratteri e 1 o 2 scene.
* Tratta un solo tema.
* Copre un periodo ristretto.
* Va subito al sodo.
* Usa solo i dettagli necessari.
Perché scrivere racconti brevi
* Per attirare l’attenzione su un fatto, un personaggio che ci ha colpito, divertito, turbato. O su un fenomeno che ci preoccupa. Spesso una buona storia fa quello che una news o un articolo non fanno.
* Per presentare o promuovere un prodotto, un servizio, un’idea. Molti copywriter raccontano storie per raggiungere i lettori e dare soluzioni ai loro problemi. E quante aziende usano storie per presentarsi sul web?
* Per esercitarci nella scrittura. Scrivere racconti brevi ci insegnerà a essere concisi, essenziali, sintetici. È importante per chi scrive online.
* Perché è divertente.
Come scrivere racconti brevi
* (Rispolveriamo i racconti brevi dei nostri autori preferiti – i miei sono Chekhov, Hemingway, Poe. Apprendiamo come sviluppano i personaggi, costruiscono scene, dialoghi …)
* Concentriamoci su un punto. Ogni storia ha un tema dominante: un’idea, un’emozione, un fatto, un personaggio. Nei racconti brevi, è la sola cosa che deve preoccuparci.
* Costruiamo il plot o trama. Eventi e azioni che creano una crisi o un conflitto. Il climax, il punto più alto, seguito dalla risoluzione.
* Pensiamo alla scena. Il luogo, il tempo, l’atmosfera, dove il plot ha luogo.
* Sviluppiamo caratteri credibili. Dobbiamo sapere tutto sui nostri personaggi, anche se non useremo tutte le informazioni. Più li conosciamo, più saranno vivi, per noi e i nostri lettori.
* Scegliamo un punto di vista, la prospettiva di chi racconta la storia. Possiamo usare la prima persona, l’Io narrante come protagonista; la seconda persona, il lettore come carattere della storia; la terza persona che può essere limitata al punto di vista di uno dei caratteri, o onnisciente che sa tutto di tutti i personaggi.
* Scriviamo l’attacco. Nei racconti brevi è importante catturare subito l’attenzione del lettore. Sorprendiamolo con un’azione o una situazione insolita. Mettiamolo nel mezzo della crisi. È meglio partire dalla fine.
* Usiamo scene e dialoghi per dare informazioni sui personaggi e per far avanzare il plot.
* Mostriamo, non raccontiamo soltanto (show, don’t tell). Non usiamo liste di aggettivi per descrivere caratteri e scene. Usiamo immagini. Lasciamo che il lettore si faccia un’idea dei caratteri vedendoli in azione, ascoltandoli parlare. Che veda e senta quello che i caratteri vedono e sentono.
* Creiamo conflitti e tensioni. Il conflitto è l’elemento base della storia. L’opposizione tra i caratteri (o tra forze interne ai caratteri) produce tensione. E la tensione tiene il lettore attaccato alla pagina.
* Costruiamo il climax e la risoluzione. È la svolta della storia. Il momento più drammatico o eccitante. Il nostro personaggio sa quello che prima non sapeva, o sa quello che deve fare, o decide di farlo. È la soluzione del conflitto.
* Rivediamo la nostra storia. Bisogna leggere, rileggere e correggere ciò che abbiamo scritto. E tagliare. Usiamo solo le parole che contano. Solo quelle che informano sui caratteri e sviluppano il plot. Tagliamo le altre. Soprattutto aggettivi e avverbi. (Spesso ci affezioniamo alle nostre parole. Ma essere brevi – scrivere racconti brevi, short story, flash fiction, flash nonfiction – significa essere spietati con le parole)
* Usiamo il comando Conteggio parole di Word.
Quando abbiamo l’ispirazione per scrivere online (un fatto, una notizia, un prodotto, un personaggio), vediamo se ci sono gli ingredienti per una buona storia: caratteri, dialoghi, scene, conflitti/tensioni, climax, risoluzione. E proviamo a scrivere un racconto breve.
Fonte: http://www.italianbloggers.it/scrivere-racconti-brevi-online-perche-no/
Le caratteristiche di un racconto breve:
* Va dalle 500 alle 700 parole.
* Presenta 1 o 2 caratteri e 1 o 2 scene.
* Tratta un solo tema.
* Copre un periodo ristretto.
* Va subito al sodo.
* Usa solo i dettagli necessari.
Perché scrivere racconti brevi
* Per attirare l’attenzione su un fatto, un personaggio che ci ha colpito, divertito, turbato. O su un fenomeno che ci preoccupa. Spesso una buona storia fa quello che una news o un articolo non fanno.
* Per presentare o promuovere un prodotto, un servizio, un’idea. Molti copywriter raccontano storie per raggiungere i lettori e dare soluzioni ai loro problemi. E quante aziende usano storie per presentarsi sul web?
* Per esercitarci nella scrittura. Scrivere racconti brevi ci insegnerà a essere concisi, essenziali, sintetici. È importante per chi scrive online.
* Perché è divertente.
Come scrivere racconti brevi
* (Rispolveriamo i racconti brevi dei nostri autori preferiti – i miei sono Chekhov, Hemingway, Poe. Apprendiamo come sviluppano i personaggi, costruiscono scene, dialoghi …)
* Concentriamoci su un punto. Ogni storia ha un tema dominante: un’idea, un’emozione, un fatto, un personaggio. Nei racconti brevi, è la sola cosa che deve preoccuparci.
* Costruiamo il plot o trama. Eventi e azioni che creano una crisi o un conflitto. Il climax, il punto più alto, seguito dalla risoluzione.
* Pensiamo alla scena. Il luogo, il tempo, l’atmosfera, dove il plot ha luogo.
* Sviluppiamo caratteri credibili. Dobbiamo sapere tutto sui nostri personaggi, anche se non useremo tutte le informazioni. Più li conosciamo, più saranno vivi, per noi e i nostri lettori.
* Scegliamo un punto di vista, la prospettiva di chi racconta la storia. Possiamo usare la prima persona, l’Io narrante come protagonista; la seconda persona, il lettore come carattere della storia; la terza persona che può essere limitata al punto di vista di uno dei caratteri, o onnisciente che sa tutto di tutti i personaggi.
* Scriviamo l’attacco. Nei racconti brevi è importante catturare subito l’attenzione del lettore. Sorprendiamolo con un’azione o una situazione insolita. Mettiamolo nel mezzo della crisi. È meglio partire dalla fine.
* Usiamo scene e dialoghi per dare informazioni sui personaggi e per far avanzare il plot.
* Mostriamo, non raccontiamo soltanto (show, don’t tell). Non usiamo liste di aggettivi per descrivere caratteri e scene. Usiamo immagini. Lasciamo che il lettore si faccia un’idea dei caratteri vedendoli in azione, ascoltandoli parlare. Che veda e senta quello che i caratteri vedono e sentono.
* Creiamo conflitti e tensioni. Il conflitto è l’elemento base della storia. L’opposizione tra i caratteri (o tra forze interne ai caratteri) produce tensione. E la tensione tiene il lettore attaccato alla pagina.
* Costruiamo il climax e la risoluzione. È la svolta della storia. Il momento più drammatico o eccitante. Il nostro personaggio sa quello che prima non sapeva, o sa quello che deve fare, o decide di farlo. È la soluzione del conflitto.
* Rivediamo la nostra storia. Bisogna leggere, rileggere e correggere ciò che abbiamo scritto. E tagliare. Usiamo solo le parole che contano. Solo quelle che informano sui caratteri e sviluppano il plot. Tagliamo le altre. Soprattutto aggettivi e avverbi. (Spesso ci affezioniamo alle nostre parole. Ma essere brevi – scrivere racconti brevi, short story, flash fiction, flash nonfiction – significa essere spietati con le parole)
* Usiamo il comando Conteggio parole di Word.
Quando abbiamo l’ispirazione per scrivere online (un fatto, una notizia, un prodotto, un personaggio), vediamo se ci sono gli ingredienti per una buona storia: caratteri, dialoghi, scene, conflitti/tensioni, climax, risoluzione. E proviamo a scrivere un racconto breve.
Fonte: http://www.italianbloggers.it/scrivere-racconti-brevi-online-perche-no/
Scrivere un testo argomentativo
Scopo è avere ragione ed essere convincenti: questa ne è l'efficacia
Premessa
Leggere attentamente il titolo ed individuare gli argomenti (nuclei tematici) richiesti, o proposti dal materiale di documentazione fornito. Occorre focalizzare la richiesta della traccia, se presente, e il punto di vista proposto (l’enunciato è un’affermazione e posso essere d’accordo o no: se lo sono inizio affermando con le mie parole l’enunciato stesso, se no, ne formulo un altro e lo dimostro). E’ possibile ricorre ad una analisi sintattico-grammaticale della traccia, o fonica per i testi poetici.
Tuttavia, il testo argomentativo è comunque rappresentato sia dalla forma del saggio breve, che anzi rispetto al vecchio tema si propone competenze ed analisi tematiche specifiche, sia dalla eventuale scelta per un articolo su una rivista specialistica che richiede ovviamente uno sviluppo analitico e di tipo argomentativo.
I testi argomentativi e quindi i temi ed i saggi brevi tendono a soddisfare le richieste di una domanda, e a convincere i nostri interlocutori. Per fare ciò, occorre avere chiara la propria tesi; farsi una scaletta con le argomentazioni utili a dimostrarla; infine sviluppare ogni singola argomentazione, riportando tutte le informazioni a sostegno.
Ciascuno argomento abbia un ruolo preciso: (presenti il problema per chiarire qual’è la tesi o la soluzione del problema, la sostenga con l’esposizione di argomenti, fatti, dati, documenti, citazioni). Tutto ciò che non è utile alla tesi, va scartato, perché generebbe confusione nel destinatario. E’ bene che le varie parti siano presentate, secondo una successione logica con gli opportuni nessi sintattici e logici: se, allora, infatti, quindi, perciò, ma, allora, etc
Inoltre è necessario che secondo l’argomento dato, la terminologia sia appropriata e tecnica per evitare che il lessico ed il registro sia ambiguo, generico e scanzonato.
Si inizia con una INTRODUZIONE sintetica dell’argomento per fare capire al destinatario di che cosa si vuole parlare o scrivere.
Si prosegue con la trattazione ampia del tema, secondo un ordine logico che va dagli argomenti meno importanti a quelli più importanti. Si utilizzano in tal caso tutte le conoscenze, la documentazione, le valutazioni personali, le cause, i collegamenti con altri fatti, le conseguenze, purché attinenti. E’ bene per ogni cosa che si asserisce, porsi le cinque W di cui sopra.
Infine si conclude con un breve riassunto dei principali argomenti che hanno sostenuto la tesi dimostrata e con una considerazione personale o universalmente valida. Si procede quindi alla verifica e correzione del testo scritto: si controlla la forma, lo stile ,l’ortografia, la sintassi, la logica interna e la coerenza con il titolo dato, la proporzione fra le parti e la ricaduta su chi leggerà il lavoro. Bisogna chiedersi: quest’ultimo percepirà realmente i concetti che ho voluto esporre, svolgendo il mio argomento? Se si ritiene di no, occorre apportare le opportune modifiche, tagliare senza pietà i brani che sembrano troppo belli, ma non sono attinenti. Importanti sono i nessi logici, perché aiutano il lettore a capire il filo conduttore del ragionamento, la punteggiatura, il corretto uso dell’andare a capo, del punto e virgola, dei due punti e delle parentesi di cui è meglio fare poco uso, perché frammentano il discorso e distraggono il lettore. Se poi si vuole adottare un segreto per non commettere errori di sintassi, si costruiscano periodi brevi, scorrevoli e musicali per rendere melodica e dolce la lettura.
Una delle operazioni necessarie per produrre un testo scritto è la raccolta preliminare dei documenti, delle argomentazioni , delle prove e delle idee che sosterranno la tesi da dimostrare. Occorre farsi uno schema- guida e seguirlo lungo lo svolgimento.
BRUTTA COPIA
1) Focalizzare gli argomenti base e formare un grappolo associativo delle idee, nel caso ci siano difficoltà nel reperimento degli argomenti.
2) Fare una scaletta:
- elenco degli argomenti da affrontare, che deve essere il più completo* e preciso possibile;
- suddividere ogni argomento in tesi ed eventuali esempi (per concretizzare): posso cercare i «perché» (causa o fine) di quanto affermato nella traccia, o le conseguenze;
- valutare la coerenza* delle tesi sostenute (eventuali scarti di tesi contraddittorie);
- ordinare la scaletta, ovvero strutturare l’argomentazione in forma logica:
° valutare la consequenzialità degli argomenti trattati, esponendoli dal generale al particolare o in alternanza di piani;
° valutare se strutturare in forma introduzione-corpo-conclusione, o proponendo generalizzazioni, anche lungo il tema, in cui dall’argomento particolare della traccia si risale a una analisi generale;
° evitare ripetizioni concettuali.
3) Seguendo lo schema della scaletta, scrivere il tema.
4) Dopo aver scritto il tema:
a) controllare che i periodi rispettino la coesione*, cioè abbiano senso compiuto a livello contenutistico all’interno di ciascun paragrafo (evitare periodi sospesi), e a livello morfosintattico:
° controllare la punteggiatura, le concordanze di numero e genere e nella correlazione dei tempi verbali;
° controllare l’uso dei connettivi, cioè congiunzioni, avverbi e preposizioni, per legare e porre correttamente in rapporto le varie parti del testo, verificando anche l’uso dei pronomi per evitare le ripetizioni;
b) verificare la consequenzialità (rapporto di causa-effetto o di «prima e dopo») e non contraddittorietà delle argomentazioni (coerenza);
c) verificare che alcuni argomenti non siano più sviluppati di altri (o addirittura fuori tema), in rapporto alle richieste del titolo;
d) controllare eventuali parole di grafia incerta*;
e) controllare l’uso del lessico*, cioè l’uso appropriato dei termini, evitando sia le ripetizioni di singole parole o proposizioni, sia l’uso di «frasi fatte».
BELLA COPIA
1) Strutturare l’impaginazione, rispettando gli opportuni «a capo».
2) Rileggere il testo con particolare attenzione alla punteggiatura e alla grafia delle parole.
3) Come eventuale controllo finale si può consigliare quello della «paragrafazione».
http://www.sampognaro.it/VERBALE.htm
http://digilander.libero.it/fabioutili/argom.html
Premessa
Leggere attentamente il titolo ed individuare gli argomenti (nuclei tematici) richiesti, o proposti dal materiale di documentazione fornito. Occorre focalizzare la richiesta della traccia, se presente, e il punto di vista proposto (l’enunciato è un’affermazione e posso essere d’accordo o no: se lo sono inizio affermando con le mie parole l’enunciato stesso, se no, ne formulo un altro e lo dimostro). E’ possibile ricorre ad una analisi sintattico-grammaticale della traccia, o fonica per i testi poetici.
Tuttavia, il testo argomentativo è comunque rappresentato sia dalla forma del saggio breve, che anzi rispetto al vecchio tema si propone competenze ed analisi tematiche specifiche, sia dalla eventuale scelta per un articolo su una rivista specialistica che richiede ovviamente uno sviluppo analitico e di tipo argomentativo.
I testi argomentativi e quindi i temi ed i saggi brevi tendono a soddisfare le richieste di una domanda, e a convincere i nostri interlocutori. Per fare ciò, occorre avere chiara la propria tesi; farsi una scaletta con le argomentazioni utili a dimostrarla; infine sviluppare ogni singola argomentazione, riportando tutte le informazioni a sostegno.
Ciascuno argomento abbia un ruolo preciso: (presenti il problema per chiarire qual’è la tesi o la soluzione del problema, la sostenga con l’esposizione di argomenti, fatti, dati, documenti, citazioni). Tutto ciò che non è utile alla tesi, va scartato, perché generebbe confusione nel destinatario. E’ bene che le varie parti siano presentate, secondo una successione logica con gli opportuni nessi sintattici e logici: se, allora, infatti, quindi, perciò, ma, allora, etc
Inoltre è necessario che secondo l’argomento dato, la terminologia sia appropriata e tecnica per evitare che il lessico ed il registro sia ambiguo, generico e scanzonato.
Si inizia con una INTRODUZIONE sintetica dell’argomento per fare capire al destinatario di che cosa si vuole parlare o scrivere.
Si prosegue con la trattazione ampia del tema, secondo un ordine logico che va dagli argomenti meno importanti a quelli più importanti. Si utilizzano in tal caso tutte le conoscenze, la documentazione, le valutazioni personali, le cause, i collegamenti con altri fatti, le conseguenze, purché attinenti. E’ bene per ogni cosa che si asserisce, porsi le cinque W di cui sopra.
Infine si conclude con un breve riassunto dei principali argomenti che hanno sostenuto la tesi dimostrata e con una considerazione personale o universalmente valida. Si procede quindi alla verifica e correzione del testo scritto: si controlla la forma, lo stile ,l’ortografia, la sintassi, la logica interna e la coerenza con il titolo dato, la proporzione fra le parti e la ricaduta su chi leggerà il lavoro. Bisogna chiedersi: quest’ultimo percepirà realmente i concetti che ho voluto esporre, svolgendo il mio argomento? Se si ritiene di no, occorre apportare le opportune modifiche, tagliare senza pietà i brani che sembrano troppo belli, ma non sono attinenti. Importanti sono i nessi logici, perché aiutano il lettore a capire il filo conduttore del ragionamento, la punteggiatura, il corretto uso dell’andare a capo, del punto e virgola, dei due punti e delle parentesi di cui è meglio fare poco uso, perché frammentano il discorso e distraggono il lettore. Se poi si vuole adottare un segreto per non commettere errori di sintassi, si costruiscano periodi brevi, scorrevoli e musicali per rendere melodica e dolce la lettura.
Una delle operazioni necessarie per produrre un testo scritto è la raccolta preliminare dei documenti, delle argomentazioni , delle prove e delle idee che sosterranno la tesi da dimostrare. Occorre farsi uno schema- guida e seguirlo lungo lo svolgimento.
BRUTTA COPIA
1) Focalizzare gli argomenti base e formare un grappolo associativo delle idee, nel caso ci siano difficoltà nel reperimento degli argomenti.
2) Fare una scaletta:
- elenco degli argomenti da affrontare, che deve essere il più completo* e preciso possibile;
- suddividere ogni argomento in tesi ed eventuali esempi (per concretizzare): posso cercare i «perché» (causa o fine) di quanto affermato nella traccia, o le conseguenze;
- valutare la coerenza* delle tesi sostenute (eventuali scarti di tesi contraddittorie);
- ordinare la scaletta, ovvero strutturare l’argomentazione in forma logica:
° valutare la consequenzialità degli argomenti trattati, esponendoli dal generale al particolare o in alternanza di piani;
° valutare se strutturare in forma introduzione-corpo-conclusione, o proponendo generalizzazioni, anche lungo il tema, in cui dall’argomento particolare della traccia si risale a una analisi generale;
° evitare ripetizioni concettuali.
3) Seguendo lo schema della scaletta, scrivere il tema.
4) Dopo aver scritto il tema:
a) controllare che i periodi rispettino la coesione*, cioè abbiano senso compiuto a livello contenutistico all’interno di ciascun paragrafo (evitare periodi sospesi), e a livello morfosintattico:
° controllare la punteggiatura, le concordanze di numero e genere e nella correlazione dei tempi verbali;
° controllare l’uso dei connettivi, cioè congiunzioni, avverbi e preposizioni, per legare e porre correttamente in rapporto le varie parti del testo, verificando anche l’uso dei pronomi per evitare le ripetizioni;
b) verificare la consequenzialità (rapporto di causa-effetto o di «prima e dopo») e non contraddittorietà delle argomentazioni (coerenza);
c) verificare che alcuni argomenti non siano più sviluppati di altri (o addirittura fuori tema), in rapporto alle richieste del titolo;
d) controllare eventuali parole di grafia incerta*;
e) controllare l’uso del lessico*, cioè l’uso appropriato dei termini, evitando sia le ripetizioni di singole parole o proposizioni, sia l’uso di «frasi fatte».
BELLA COPIA
1) Strutturare l’impaginazione, rispettando gli opportuni «a capo».
2) Rileggere il testo con particolare attenzione alla punteggiatura e alla grafia delle parole.
3) Come eventuale controllo finale si può consigliare quello della «paragrafazione».
http://www.sampognaro.it/VERBALE.htm
http://digilander.libero.it/fabioutili/argom.html
L'Intervista
Introduzione
L'intervista è nata con il giornalismo, ed è quindi nata per la scrittura. Eppure si è trovata a proprio agio con altri mezzi di comunicazione, come la radio e la televisione. In particolare con questi mezzi diventa ancora più facile che il destinatario comune dell'intervistatore e dell'intervistato sia il pubblico che ascolta. In altri termini i due sembrano parlare tra di loro, ma in realtà parlano entrambi all'ascoltatore o spettatore: Ritornando all'intervista fatta per essere scritta, diciamo che un esempio di intervista che ha uno scopo didattico , di verifica delle conoscenze acquisite, è l'intervista immaginaria.
Leggi per esempio questa intervista immaginaria a Guglielmo di Ockham:
"Non ricordo bene come sia successo, non so neppure se fosse finzione o realtà, so solo che così, improvvisamente, sono stata catapultata in un’altra dimensione…La mia mente è ancora un po’ annebbiata, rammento solo di essermi addormentata, un buffo folletto con un filtro magico, qualche parola e poi mi sono ritrovata in un vasto giardino, l’erba soffice coperta ancora dalla rugiada riluceva al sole. A pochi passi da me c’era un uomo, lo guardai in viso, era serio, intento nelle sue riflessioni, quasi estraniato dalla realtà circostante. Ebbi quasi paura a disturbarlo, ma dovevo pur capire che cosa mi stava accadendo, così mi avvicinai a lui: “Scusi potrei sapere chi è lei e dove mi trovo?”
O: (guardandomi con occhi increduli) “Cara fanciulla, io sono Guglielmo di Ockham in persona, e mi stupisco di tale domanda visto che la mia fama è risaputa. Ti trovi nel giardino della dimora di Ludovico il Bavaro”.
Quelle parole mi illuminarono, davanti a me c’era uno dei più famosi filosofi della storia, da me tanto ammirato, così approfittai per porgli alcune domande e chiarire aspetti, per me difficili, del suo pensiero.
IO: “Se non sbaglio si è rifugiato qui, in seguito a un’accusa di eresia, ma quale è in realtà il suo rapporto con la religione?”
O: (ebbe un attimo di esitazione) “Io credo nella rivelazione e mi ritengo un cattolico fervente. La mia unica colpa è stata quella di rompere quell’armonia tra fede e ragione che il mio predecessore San Tommaso d’Aquino aveva ricercato”.
IO: “Lei si riferisce a uno dei problemi cardine della Scolastica e posso assicurale che questa autonomia delle scienze dalla religione avrà successo nei prossimi secoli, ma perché in un’epoca come quella medievale, scardinare la famosa reductio ad unum, e criticare il valore della ragione come ancilla teologiae?”.
O: “Ragione come ancilla teologiae? Stupidaggini! Gli articoli di fede non sono affatto dimostrabili ricorrendo alla filosofia, erra chi la vuole utilizzare a tale fine.
Essa si deve occupare della realtà naturale che ci circonda!
IO: “Lei è quindi contro tutti quei filosofi che hanno utilizzato la filosofia per chiarire le verità rivelate?”.
O: “Ritengo che esistono cose che possono essere dimostrate ed altre che invece possono essere solo credute, alle quali la mente umana deve piegarsi. Non voglio pormi sullo stesso piano degli antidialettici e sminuire il valore della ratio, cerco solo di indicare l’ambito di cui si deve occupare: la realtà sensibile”.
IO: “Secondo lei, quindi, la realtà sensibile, ha una grande importanza, e come controbattere allora la possibilità che una conoscenza che si basi sul contingente sia fallace?”.
O: (a questa domanda spalancò gli occhi, come se avessi centrato il nocciolo della questione. Si mise a discorrere come un padre che cerca di insegnare a leggere al proprio figlio).
“Esistono solo due tipi di dimostrazioni accettabili che si basano entrambe su proposizioni immediatamente evidenti. L’evidenza, cara ragazza, è il fondamento del mio discorso gnoseologico. Ora essa emerge da un ragionamento scientifico, che procede per astrazione o dalla realtà sensibile, nella quale si può avere una prova tangibile dell’esistenza o meno di un oggetto?”.
(Così dicendo colse una rosa rossa).
IO: (affascinata dal suo atteggiamento paterno) “Credo che la seconda possibilità sia quella esatta, quindi il fine della conoscenza è il contingente?”.
O: “Esatto (appariva fiero per la mia risposta). Vedi, solo vedendo e toccando questa rosa, posso dedurne l’effettiva esistenza. (mi porse la rosa).
IO: “Ma la realtà sensibile non è tutta particolare?”.
O: “Sì ”.
IO: “Ma allora che valore hanno gli universali?. Considerando che per grandi filosofi, del calibro di Aristotele e Platone, essi sono la meta a cui deve tendere ogni sapere.”
O: “Essi non possono essere reali, perché la realtà è particolare”. (rispose in maniera decisa).
IO: “Quindi il suo pensiero si avvicina a quello dei nominalisti. Nihil est praeter individum quindi?”.
O: “Sì, ma mi ritengo un po’ più intelligente perché non tento invano di trovare nella realtà un corrispondente dell’universale. Gli universali sono dei termini, suppositio di una proposizione. Se utilizziamo un termine che indica un concetto generale, ci riferiamo sempre q qualcosa di particolare, ma ne abbiamo una conoscenza più approssimativa.”
IO: (ecco perché quel soprannome, “il Principe dei nominalisti” pensai tra me e me). “Questa è quindi una critica all’impianto metafisico tradizionale?”
O: “è chiaro che esiste uno scarto notevole tra la mia filosofia e quella dei miei predecessori, poiché io affermo il primato dell’esperienza, prediligo il metodo induttivo a quello deduttivo, elimino tutti gli enti superflui nel mio ragionamento.”
IO: “Il famoso rasoio di Ockham!. Per concludere pensa che le sue teorie avranno successo?”.
O: “Sì se porteranno ad una attenta analisi della realtà che ci circonda e che nasconde tanti misteri che aspettano di essere scoperti!”.
A quelle parole riaprii improvvisamente gli occhi e mi ritrovai nella mia stanza, pronta per andare a scuola e affrontare il compito di filosofia."
Hai notato, scritte tra parentesi, tutte le annotazioni dell'intervistatore?
L’intervista 'impossibile" riguarda personaggi storici (ma potrebbero essere anche appartenenti al mito o alla letteratura, per esempio Ulisse, Re Artù, Don Abbondio) con i quali non si può ovviamente pensare di avere un incontro diretto. Ma un’intervista immaginaria può avere come protagonista anche un personaggio di attualità (posso immaginare un incontro con il presidente degli Stati Uniti, con lo scrittore che ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura oppure semplicemente con qualcuno che è stato testimone di un evento). In tutti i casi deve valere il presupposto fondamentale di ogni intervista e cioè la conoscenza dell'intervistatore intorno ai fatti di cui si parla. Dunque un argomento di storia, di letteratura o di attualità, riguardo al quale possediamo un’adeguata informazione, può essere svolto anche in forma di intervista.
Come si procede
> Raccogliere le idee intorno all'argomento dato (si può procedere con la tecnica del brain storming appuntando su un foglio tutto quello che sembra essere attinente al tema).
> Individuare i punti che si considerano essenziali e disporli secondo un ordine logico (è la cosiddetta scaletta).
> Scegliere un punto di vista dal quale trattare il tema assegnato e in base a quello delineare la figura dell'intervistato. Dovendo trattare un argomento di letteratura (per esempio il Romanticismo) si può immaginare un'intervista con uno scrittore (per esempio Manzoni) o con un lettore (per esempio un lettore italiano dell'800) o con chiunque altro possa riferire un giudizio sul tema in oggetto (per esempio l'editore dei Promessi sposi o colui che ne ha curato la traduzione in una lingua straniera).
> Scegliere la figura dell'intervistatore che può coincidere con quella di chi scrive (e rappresentarne quindi il pensiero) o essere a sua volta un personaggio di fantasia
> Stendere l'intervista immaginaria rispettando le stesse regole di quella giornalistica (domande brevi, ritmo abbastanza serrato, annotazioni ambientali e psicologiche per completare il quadro ecc.) e cercando di fare emergere dall'alternanza delle domande e delle risposte i punti dell'argomento che si considerano centrali e il proprio giudizio su di essi.
Fonte: http://www.atuttascuola.it/scuola/didattica/intervista.htm
L'intervista è nata con il giornalismo, ed è quindi nata per la scrittura. Eppure si è trovata a proprio agio con altri mezzi di comunicazione, come la radio e la televisione. In particolare con questi mezzi diventa ancora più facile che il destinatario comune dell'intervistatore e dell'intervistato sia il pubblico che ascolta. In altri termini i due sembrano parlare tra di loro, ma in realtà parlano entrambi all'ascoltatore o spettatore: Ritornando all'intervista fatta per essere scritta, diciamo che un esempio di intervista che ha uno scopo didattico , di verifica delle conoscenze acquisite, è l'intervista immaginaria.
Leggi per esempio questa intervista immaginaria a Guglielmo di Ockham:
"Non ricordo bene come sia successo, non so neppure se fosse finzione o realtà, so solo che così, improvvisamente, sono stata catapultata in un’altra dimensione…La mia mente è ancora un po’ annebbiata, rammento solo di essermi addormentata, un buffo folletto con un filtro magico, qualche parola e poi mi sono ritrovata in un vasto giardino, l’erba soffice coperta ancora dalla rugiada riluceva al sole. A pochi passi da me c’era un uomo, lo guardai in viso, era serio, intento nelle sue riflessioni, quasi estraniato dalla realtà circostante. Ebbi quasi paura a disturbarlo, ma dovevo pur capire che cosa mi stava accadendo, così mi avvicinai a lui: “Scusi potrei sapere chi è lei e dove mi trovo?”
O: (guardandomi con occhi increduli) “Cara fanciulla, io sono Guglielmo di Ockham in persona, e mi stupisco di tale domanda visto che la mia fama è risaputa. Ti trovi nel giardino della dimora di Ludovico il Bavaro”.
Quelle parole mi illuminarono, davanti a me c’era uno dei più famosi filosofi della storia, da me tanto ammirato, così approfittai per porgli alcune domande e chiarire aspetti, per me difficili, del suo pensiero.
IO: “Se non sbaglio si è rifugiato qui, in seguito a un’accusa di eresia, ma quale è in realtà il suo rapporto con la religione?”
O: (ebbe un attimo di esitazione) “Io credo nella rivelazione e mi ritengo un cattolico fervente. La mia unica colpa è stata quella di rompere quell’armonia tra fede e ragione che il mio predecessore San Tommaso d’Aquino aveva ricercato”.
IO: “Lei si riferisce a uno dei problemi cardine della Scolastica e posso assicurale che questa autonomia delle scienze dalla religione avrà successo nei prossimi secoli, ma perché in un’epoca come quella medievale, scardinare la famosa reductio ad unum, e criticare il valore della ragione come ancilla teologiae?”.
O: “Ragione come ancilla teologiae? Stupidaggini! Gli articoli di fede non sono affatto dimostrabili ricorrendo alla filosofia, erra chi la vuole utilizzare a tale fine.
Essa si deve occupare della realtà naturale che ci circonda!
IO: “Lei è quindi contro tutti quei filosofi che hanno utilizzato la filosofia per chiarire le verità rivelate?”.
O: “Ritengo che esistono cose che possono essere dimostrate ed altre che invece possono essere solo credute, alle quali la mente umana deve piegarsi. Non voglio pormi sullo stesso piano degli antidialettici e sminuire il valore della ratio, cerco solo di indicare l’ambito di cui si deve occupare: la realtà sensibile”.
IO: “Secondo lei, quindi, la realtà sensibile, ha una grande importanza, e come controbattere allora la possibilità che una conoscenza che si basi sul contingente sia fallace?”.
O: (a questa domanda spalancò gli occhi, come se avessi centrato il nocciolo della questione. Si mise a discorrere come un padre che cerca di insegnare a leggere al proprio figlio).
“Esistono solo due tipi di dimostrazioni accettabili che si basano entrambe su proposizioni immediatamente evidenti. L’evidenza, cara ragazza, è il fondamento del mio discorso gnoseologico. Ora essa emerge da un ragionamento scientifico, che procede per astrazione o dalla realtà sensibile, nella quale si può avere una prova tangibile dell’esistenza o meno di un oggetto?”.
(Così dicendo colse una rosa rossa).
IO: (affascinata dal suo atteggiamento paterno) “Credo che la seconda possibilità sia quella esatta, quindi il fine della conoscenza è il contingente?”.
O: “Esatto (appariva fiero per la mia risposta). Vedi, solo vedendo e toccando questa rosa, posso dedurne l’effettiva esistenza. (mi porse la rosa).
IO: “Ma la realtà sensibile non è tutta particolare?”.
O: “Sì ”.
IO: “Ma allora che valore hanno gli universali?. Considerando che per grandi filosofi, del calibro di Aristotele e Platone, essi sono la meta a cui deve tendere ogni sapere.”
O: “Essi non possono essere reali, perché la realtà è particolare”. (rispose in maniera decisa).
IO: “Quindi il suo pensiero si avvicina a quello dei nominalisti. Nihil est praeter individum quindi?”.
O: “Sì, ma mi ritengo un po’ più intelligente perché non tento invano di trovare nella realtà un corrispondente dell’universale. Gli universali sono dei termini, suppositio di una proposizione. Se utilizziamo un termine che indica un concetto generale, ci riferiamo sempre q qualcosa di particolare, ma ne abbiamo una conoscenza più approssimativa.”
IO: (ecco perché quel soprannome, “il Principe dei nominalisti” pensai tra me e me). “Questa è quindi una critica all’impianto metafisico tradizionale?”
O: “è chiaro che esiste uno scarto notevole tra la mia filosofia e quella dei miei predecessori, poiché io affermo il primato dell’esperienza, prediligo il metodo induttivo a quello deduttivo, elimino tutti gli enti superflui nel mio ragionamento.”
IO: “Il famoso rasoio di Ockham!. Per concludere pensa che le sue teorie avranno successo?”.
O: “Sì se porteranno ad una attenta analisi della realtà che ci circonda e che nasconde tanti misteri che aspettano di essere scoperti!”.
A quelle parole riaprii improvvisamente gli occhi e mi ritrovai nella mia stanza, pronta per andare a scuola e affrontare il compito di filosofia."
Hai notato, scritte tra parentesi, tutte le annotazioni dell'intervistatore?
L’intervista 'impossibile" riguarda personaggi storici (ma potrebbero essere anche appartenenti al mito o alla letteratura, per esempio Ulisse, Re Artù, Don Abbondio) con i quali non si può ovviamente pensare di avere un incontro diretto. Ma un’intervista immaginaria può avere come protagonista anche un personaggio di attualità (posso immaginare un incontro con il presidente degli Stati Uniti, con lo scrittore che ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura oppure semplicemente con qualcuno che è stato testimone di un evento). In tutti i casi deve valere il presupposto fondamentale di ogni intervista e cioè la conoscenza dell'intervistatore intorno ai fatti di cui si parla. Dunque un argomento di storia, di letteratura o di attualità, riguardo al quale possediamo un’adeguata informazione, può essere svolto anche in forma di intervista.
Come si procede
> Raccogliere le idee intorno all'argomento dato (si può procedere con la tecnica del brain storming appuntando su un foglio tutto quello che sembra essere attinente al tema).
> Individuare i punti che si considerano essenziali e disporli secondo un ordine logico (è la cosiddetta scaletta).
> Scegliere un punto di vista dal quale trattare il tema assegnato e in base a quello delineare la figura dell'intervistato. Dovendo trattare un argomento di letteratura (per esempio il Romanticismo) si può immaginare un'intervista con uno scrittore (per esempio Manzoni) o con un lettore (per esempio un lettore italiano dell'800) o con chiunque altro possa riferire un giudizio sul tema in oggetto (per esempio l'editore dei Promessi sposi o colui che ne ha curato la traduzione in una lingua straniera).
> Scegliere la figura dell'intervistatore che può coincidere con quella di chi scrive (e rappresentarne quindi il pensiero) o essere a sua volta un personaggio di fantasia
> Stendere l'intervista immaginaria rispettando le stesse regole di quella giornalistica (domande brevi, ritmo abbastanza serrato, annotazioni ambientali e psicologiche per completare il quadro ecc.) e cercando di fare emergere dall'alternanza delle domande e delle risposte i punti dell'argomento che si considerano centrali e il proprio giudizio su di essi.
Fonte: http://www.atuttascuola.it/scuola/didattica/intervista.htm
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