Parlano di noi (con riflessioni intelligenti)

Esposizione pacata, ragionamenti senza estremizzazioni. Alla larga, da quelli che si ritengono i depositari della Verità (come Montesi )

Ho appena letto l'articolo in questione e lo trovo doppiamente interessante.
Primo perchè pone la giusta enfasi sui benefici della camminata scalza ma soprattutto perchè, quando parla di convenzioni sociali e senso del pudore nei confronti dei piedi, da una forma precisa e definita a quel senso di disagio che a volte gli scarpati - e non solo - sembrano mostrare nei nostri confronti.

Credo infatti che buona parte della gente (inclusi noi stessi camminatori scalzi, seppur magari in modo più subdolo) sia condizionata proprio dalla percezione (errata) che il piede appartenga alla sfera strettamente intima (e perchè no, sessuale).
Questo potrebbe spiegare bene quel senso di disagio e vergogna che provo io stesso nel mostrarmi a piedi nudi in mezzo alla gente: probabilmente se fossi in mutande (pur avendo le scarpe) mi sentirei altrettanto a disagio.

Se ci fate caso, negli ultimi anni il mondo della pubblicità ha decisamente "sdoganato" l'immagine dei piedi nudi: molto più spesso ci mostrano immagini di persone felicemente scalze nella comodità della propria casa (pensate al catalogo Ikea o a quell'altra catena abbastanza nota che vende mobili 'convenienti' propinando cataloghi con belle donne - e anche qualche uomo - scalzi).
Ebbene: ci fanno vedere i piedi scalzi MA rigorosamente in un contesto intimo e strettamente privato (la propria casa) e MAI in pubblico (in tal caso le donne indossano quasi sempre i tacchi e gli uomini sono inevitabilmente scarpati).
Questo fa parte di tutta quella serie di condizionamenti, più o meno velati, che siamo costretti a subire ogni giorno.

Diciamo però che, come in una sorta di terapia psicologica, far emergere quello che crea disagio e dargli una forma concreta può aiutare a combatterlo. Quindi direi che l'articolo mi ha dato un ottimo spunto di riflessione.

A mio parere l'ultima parte è di questo articolo è un vero e proprio elogio del pregiudizio e del conformismo.
Per come la vedo io, la mia libertà finisce quando tocca il confine della libertà altrui. Entro quel limite possiamo entrambi fare ciò che ci pare.
Accettare il concetto che la vista della libertà altrui possa in qualche modo disturbare è un capovolgimento logico molto comune, ma estreammente perfido e pericoloso.

<<Un po’ lo invidio ma dentro di me, in fondo, mi infastidisce. La domanda che mi pongo è: perché lo fa se camminare con le scarpe è più comodo ed igienico? Alla fine è ovvio che le motivazioni siano solo affari dello scalzo di turno ma io, schiava delle mie convenzioni, la domanda me la pongo lo stesso, pur non aspettandomi una risposta. E credo di non essere la sola. Quanti incontrando qualcuno, in città, per strada, senza scarpe rimangono indifferenti?>>

Pavia docet.